Spiazzate le dinastie repubblicane

Un giorno dopo e con quattro morti in più i fumi della sommossa antiparlamentare di Washington si dirada, ma non abbastanza da permettere specialmente a noi europei e alle nostre categorie politiche di capire quel che è accaduto.

Spiazzate le dinastie repubblicane

Un giorno dopo e con quattro morti in più i fumi della sommossa antiparlamentare di Washington si dirada, ma non abbastanza da permettere specialmente a noi europei e alle nostre categorie politiche di capire quel che è accaduto. Un fatto nuovissimo, anzi unico: un presidente, per di più bocciato dalle urne, si afferma con la propria leadership popolare e lo fa chiamando alla sommossa paradossalmente condotta da una furia iperdemocratica, anziché antidemocratica. Una parte dell'elettorato, frustrato per la perdita dei due seggi repubblicani al Senato, ha deciso che il grande complotto vagheggiato da Trump non potesse che essere vero, e che dunque ci fosse stata frode.

Questi «riottosi» erano identici a quelli che agivano rovinosamente nei giorni della rivolta pro Black Lives Matter. Quando scoppiarono le sommosse per l'uccisione di John Floyd, la comunità borghese nera era disperata perché non riusciva a scrollarsi di dosso quella massa di incendiari, saccheggiatori e lanciatori di bombe che pretendevano di agire in loro nome. Abbiamo visto a Capitol Hill lo stesso genere di manifestanti: patriottici, ma di un patriottismo che attingeva alla rivoluzione americana, un mitragliatore impugnato secondo le sante regole del secondo emendamento: per cacciare un tiranno. E infatti uno dei motti era: «Quando arrivano i tiranni, è l'ora di ribellarsi». Trump osservava, alimentava e poi dava pallidi segnali di invito alla calma.

Quella forza scatenata che devastava Washington e invadeva i media di tutto il mondo era la sua forza, la sua diversità, il suo modo di non essere un conservatore alla maniera delle famiglie ereditarie come i Bush, mentre lo ha seguito il famoso repubblicano Ted Cruz del Texas, noto per arrostirsi il bacon sulla canna della mitragliatrice. Trump ha anche dato segni di gioia quando ha saputo che i due candidati repubblicani avevano perso in Georgia, perché gli si erano rivoltati contro. Altri lo hanno appoggiato e lo appoggeranno in tutte le richieste legali già dirette da Rudolph Giuliani per alimentare l'idea della vittoria rubata, dei brogli di massa usando le elezioni per posta che non si erano mai viste (in una tale misura) gestite da funzionari postali statali che somigliavano ai funzionari del partito di Biden.

Secondo un analista di cui ci fidiamo molto perché è un ingegnere delle previsioni, George Friedman, l'America sta passando una delle sue tremende crisi di crescita paragonabile a quella della guerra civile, dell'integrazione, delle proteste contro il Vietnam e dei movimenti «Occupy Wall Street». Si sarebbe consolidata una sorta di mitologia secondo cui Trump sarebbe l'ultimo baluardo, un angelo sterminatore, che si batte contro il deep State, Soros, le lobby e tutto ciò che non è visibile ma determina i destini umani. Questa è stata l'idea vincente di Trump, anche se poi non ha rivinto. Ma non si sente fuori: anzi, pensa che il gioco sia appena cominciato.

Ciò accade mentre soffiano nuovi venti di guerra con la Cina. Per Biden si annunciano brutti tempi e non può permettersi di avere sia un fronte interno sia uno esterno. La partita è aperta e abbiamo assistito solo ad alcune sconcertanti mosse d'apertura.

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