Economia

Lo spread vola a 330. Poi la Bce lo "raddrizza". L'Italia è a rischio Troika

L'Austria spalleggia Berlino e crea il panico. Salvini: "Niente intese senza il Parlamento"

Lo spread vola a 330. Poi la Bce lo "raddrizza". L'Italia è a rischio Troika

Per la Bce lo spread è come il pongo: può plasmarlo come più le aggrada. Anche se non vuole ammetterlo. Certo dipende dai momenti. Ieri l'Eurotower della pilatesca Christine Lagarde, la «saggia civetta» (sua l'autodefinizione), convinta di non essere stata messa lì per colmare i differenziali di rendimento, ha deciso di intervenire quando la forbice fra il Btp e il Bund tedesco si era allargata fino a toccare i 325 punti e il tasso del nostro titolo decennale aveva sconfinato oltre il 3%. Livelli che non si vedevano dal 2013, tali da indurre Francoforte a usare Bankitalia come braccio operativo con interventi, hanno riferito fonti di via Nazionale, «flessibili sia nel timing che nei mercati di riferimento». Un bombardamento che ha costretto lo spread a battere in ritirata a quota 271, cancellando dalla lavagna della paura ben 75 punti in poche ore, e retrocesso i rendimenti dei buoni poliennali al 2,48%.

Insomma, lancette riposizionate ai livelli di martedì. Tutti felici e contenti? No, perché quanto successo è la spia di come la pressione dei mercati sull'Italia, paralizzata dal coronavirus e dalla recessione, e resa fragile dall'elevato indebitamento, stia montando come una marea. E la Bce, col suo ondivago modo di operare e comunicare, è per buona parte responsabile della situazione. Anche ieri, ancora una volta, abbiamo assistito a una cacofonia di voci. Prima ha alzato la voce il capo della banca centrale austriaca, Robert Holzmann, per comunicare che la politica monetaria è ai suoi limiti e non può soddisfare le aspettative del mercato; poi è intervenuto il vicepresidente della banca centrale, Luis de Guindos, per affermare che l'Eurotower «è pronta ad agire con misure audaci, se necessario»; quindi, è tornato in scena lo stesso Holzmann per contraddirsi con un «no, la politica monetaria non ha raggiunto i suoi limiti».

Un delirio. Ci sarebbe da ridere davanti a questo B-movie, con tanto di alternanza fra poliziotto cattivo e quello buono, se questa rappresentazione non consolidasse l'idea di una Bce spaccata in due tronconi: da una parte quelli come la Germania che, dopo averci negato le mascherine, stanno magari pensando di toglierci anche l'ossigeno finanziario se non accettiamo di farci commissariare; dall'altra, chi sembra ancora ragionare secondo una logica solidale e, diremmo, comunitaria. Magari anche gettando il sasso ma nascondendo la mano. In concreto, cosa significa «misure audaci»? L'acquisto diretto di azioni per eliminare le scorie tossiche sui mercati (ieri Piazza Affari ha lasciato sul terreno un altro 1,3%)? La rottamazione definitiva della capital key, in modo da consentire acquisti mirati di titoli da parte della Bce? Forse il lancio di eurobond come antidoto contro il coronavirus? Oppure tutto converge verso l'attivazione del Meccanismo europeo di stabilità, ma senza far piombare i Paesi che ne beneficiano nell'austerità prevista dalle attuali regole? È una soluzione poco praticabile: prima, infatti, andrebbero corretti i trattati. E occorrerebbe l'unanimità. Matteo Salvini, leader della Lega, sente puzza di bruciato: «Non vorremmo che qualcuno stesse prendendo accordi a Bruxelles. E parlo del Mes, della Troika e del fondo salva Stati, senza che i parlamentari che rappresentano gli italiani siano coinvolti e ascoltati», ha detto ieri. Non ha tutti i torti. Val giusto la pena di ricordare che il Mes prevede l'erogazione di aiuti «solo ai Paesi i cui debiti sono giudicati sostenibili». In caso contrario, prima va ristrutturato il debito, poi arrivano i soldi.

Che è come dare l'ossigeno a un cadavere.

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