Un giudice di Torino legittima una modalità di espressione del pensiero politico infima: non è reato sputare su un manifesto che ritrae il vice presidente del Consiglio e ministro degli Interni Matteo Salvini. Il fatto su cui si è pronunciato il giudice per le indagini preliminari di Torino risale allo scorso 9 febbraio, quando un ventiseienne di Villastellone, piccolo centro che fa parte della cintura metropolitana del capoluogo piemontese, si presentò davanti a un banchetto allestito dal Carroccio per una raccolta firme e sputò sul manifesto che ritraeva Salvini. Un militante della Lega riprese la scena con il telefonino e chiamò i carabinieri per sporgere denuncia. Da qui è partito un procedimento penale con l'accusa di vilipendio a un organo dello Stato.
La vicenda è finita in tribunale ma il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto l'accusa non sussistente. Il magistrato ha motivato così il proscioglimento: «Il gesto è rivolto all'uomo e non al ruolo che in quel momento ricopre Matteo Salvini, e dunque non all'incarico di ministro dell'Interno», per cui l'offesa alla persona non concretizza l'accusa rivolta al giovane.
I suoi legali colgono la palla al balzo per rigirare l'accusa contro i leghisti che avevano diffuso il video del giovane mentre metteva in atto il disgustoso gesto apostrofandolo come «fenomeno di sinistra». «Non si può usare il processo penale a fini di propaganda», dicono i legali.
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