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Squadra che vince non si lascia. I transfughi azzurri sono confusi

I risultati delle amministrative scoraggiano chi voleva mollare il centrodestra per fare da stampella a Renzi. Fitto e Verdini ora pensano al cambio di strategia

Squadra che vince non si lascia. I transfughi azzurri sono confusi

Fino a quarantott'ore fa era tutto perfetto: un Renzi ammaccato ma saldamente in sella si faceva preferire a un centrodestra che, sebbene vittorioso in Veneto e Liguria, era ben al di là dal rappresentare uno schieramento compatto e alternativo al governo. Più che comprensibile che deputati e senatori abbiano sentito il richiamo delle «sirene» del Partito della Nazione oppure abbiano cercato nuove leadership cui affidarsi, ancorché non ancora testate pienamente dalle elezioni. Poi, la sorpresa dei ballottaggi ha scompaginato tutti i piani e oggi, ancora più di ieri, sembra esservi solo una certezza: che senza il tandem Berlusconi-Salvini nessun centrodestra sia realmente possibile.

In quest'ottica non sorprende il silenzio da parte di Denis Verdini. Il senatore azzurro da tempo è indicato come creatore di una pattuglia di «responsabili» da traghettare verso la maggioranza. Finora nulla è accaduto: un po' perché le adesioni a Palazzo Madama non sarebbero ancora sufficienti a costituire un gruppo autonomo, un po' perché il diktat renziano, secondo i rumors di Palazzo, sarebbe quello di portare sotto le insegne della maggioranza nominativi finora all'opposizione (l'elenco di Verdini, invece, conterrebbe alcuni nomi di Gal che talvolta non fanno mancare il sostegno all'esecutivo). Senza contare che i passaggi da un campo all'altro, generalmente, richiedono un conquibus in termini di ricandidature e altre prebende che, in questo momento, il Pd non sembra sempre in grado di poter garantire. Questa sera è previsto un incontro tra il Cavaliere e il senatore toscano: potrebbe anche non essere risolutivo, ma molto probabilmente si è già concluso il tempo nel quale l'unità a tutti i costi veniva considerata un valore da preservare sempre e comunque. È cominciata una nuova fase e sta ai singoli protagonisti volerne far parte oppure no.

«Da un lato, c'è un centrosinistra che è battibile. Renzi, dopo un anno di governo balbettante, ha perso smalto. Non c'è più il “tocco magico” delle europee di un anno fa, che sembrano appartenere a un'altra era politica. Dall'altro lato, c'è un centrodestra che va comunque ricostruito e resettato». L'analisi politica che Raffaele Fitto, leader dei Conservatori e Riformisti, consegna alle agenzie sintetizza la volontà di non compiere passi indietro verso Palazzo Grazioli, ancorché i risultati delle urne paiano penalizzare le spinte centrifughe. Ma è lui stesso a spiegare il senso delle proprie parole, quasi insistendo sulla permanenza di alcune disfunzioni. «I ballottaggi - sottolinea - hanno visto un gran contributo delle liste civiche, le difficoltà di Forza Italia restano: ecco perché è necessario ripartire da un programma, dalle primarie e, soprattutto, dal rappresentare un'alternativa decisa al governo». Anche in questo caso, la cartina di tornasole saranno i numeri: se si formerà (come annunciato) un gruppo «cameroniano» alla Camera, Fitto potrà far pesare i suoi parlamentari finché proseguirà l'attuale legislatura.

Rimarcare il concetto di «alternativa», come ha fatto l'europarlamentare pugliese, sembra quasi un messaggio a quelle forze come Ncd che si trovano tra color che sono sospesi. Certo, ci sono state manifestazioni di esultanza per le affermazioni nei ballottaggi che vedevano il partito di Alfano schierato a fianco del centrodestra (a Chieti il sindaco Di Primio è poi un loro esponente). Quagliariello e Sacconi hanno evidenziato la matrice «centrista» delle singole vittorie, ma quello che più colpisce non è l'analisi che cerca di tenere insieme le contraddizioni di un movimento che governa con la sinistra pur dichiarandosi dell'altro schieramento. Quello che meraviglia è il silenzio degli esponenti più «governisti» come il ministro della Salute Beatrice Lorenzin o lo stesso Angelino Alfano.

Non è un silenzio che di per sé implichi un'assunzione di responsabilità, ma di sicuro indica che i calcoli, soprattutto da quella parte, sono stati sbagliati. Il Cav e il centrodestra sono più vivi che mai. Chi voleva salire sul carro di Renzi ora sta ben fermo. O forse cerca solo di alzare il prezzo della «transumanza».

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