MilanoLi cercano e li troveranno. Forse nelle prossime ore, più probabilmente nei giorni a venire. Quel che è sicuro, però, è che il cerchio su questa brutta storia si chiuderà (e in fretta) con gli arresti dell'intero gruppo di sette giovani sudamericani, tra cui una donna, che giovedì sera poco prima delle 22 si trovavano sul treno S14 del passante ferroviario proveniente da Expo e sul quale, a colpi di machete, è stato ferito gravemente al braccio sinistro Carlo Di Napoli. Il controllore 32enne, marito e padre di una bimba di 5 mesi, ha rischiato di perdere l'arto per aver fatto il suo lavoro, chiedendo ai ragazzi di vedere i biglietti e scatenandone la furia. Accanto a lui un collega 31enne fuori servizio, ha tentato di arginare la violenza degli aggressori e ha finito per rimediarci un fortissimo trauma cranico. Di Napoli è stato sottoposto a un'operazione chirurgica durata oltre otto ore all'ospedale Niguarda. Pur subendo una sub-amputazione, i medici sperano di fargli recuperare la funzionalità del braccio, permettergli così, come ha chiesto l'uomo al suo risveglio, di «riabbracciare» la figlioletta. Il collega, invece, resta sotto osservazione al Fatebenefratelli.
Il segnale forte e inequivocabile sul tenore di quest'inchiesta a tambur battente lo ha già lanciato ieri pomeriggio la squadra mobile di Milano. Che, dopo un interrogatorio durato una notte e un giorno, ha arrestato per tentato omicidio i due giovani sudamericani - Josè Emilio Rosa Martinez, un salvadoregno 19enne regolare e un ecuadoriano clandestino di vent'anni, Jackson Jahir Lopez Trivino, meglio conosciuto come Peligro - già fermati e portati in questura giovedì sera dalle pattuglie delle «Volanti» che li avevano trovati in fuga, sanguinanti e ubriachi di vodka intorno alla fermata del passante ferroviario di Villapizzone, dov'era avvenuta l'aggressione, alla periferia nord ovest della città. Il salvadoregno è stato riconosciuto come il giovane che ha materialmente impugnato il machete che teneva nei pantaloni per poi accanirsi sul povero Di Napoli. Gli investigatori lo hanno stabilito guardando e riguardando i filmati, fortunatamente piuttosto nitidi, ricavati dal sistema di telecamere che sul treno e sulla banchina della stazione hanno «immortalato» le azioni criminose e la fuga del gruppetto. Alla visione dei filmati, però, si sono accompagnati veri e propri riconoscimenti. Durante uno di questi sia Di Napoli che il collega hanno riconosciuto senza ombra di dubbio il ragazzo del machete e un suo complice.
Sull'appartenenza degli arrestati a una pandilla (banda, in spagnolo) - vere e proprie gang sudamericane composte da giovanissimi adepti armati fino ai denti ma che fino a oggi a Milano si erano fronteggiate sempre e solo tra loro - gli investigatori fino a ieri pomeriggio si erano tenuti ancora un sottile margine di dubbio, riservandosi ulteriori accertamenti. Tuttavia è emerso che uno degli arrestati, cioè Peligro , era stato coinvolto nell'operazione «Mareros» del 2013 che portò all'esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di 25 soggetti, di cui 7 minorenni, per la maggior parte salvadoregni, affiliati all'associazione alla pandilla degli MS13. In realtà, però, è l'utilizzo del machete che taglia la testa al toro sulla totale responsabilità di una gang latino americana in questa brutta storia. «Un sudamericano qualunque non andrebbe in giro con addosso un'arma simile» ha spiegato ieri un investigatore.
Gli MS13 (la sigla sta per «Mara Salvatrucha» che tradotto significa
letteralmente «gruppo di furbi salvadoregni») a Milano si muovono tra le zone di Romolo, piazzale Maciachini, a Corsico, ma anche tra Mac Mahon e la Bovisa, cioè proprio nell'area dove giovedì si è verificata l'aggressione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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