Guerra in Ucraina

Stanco delle umiliazioni Putin punta l'Occidente: colpire i convogli Nato

Inglesi a Kiev, armi Usa, Movska affondata. E Mosca pensa alla rappresaglia eclatante

Stanco delle umiliazioni Putin punta l'Occidente: colpire i convogli Nato

«Escalation? Chiamiamola pure Terza Guerra Mondiale, stiamo combattendo contro la Nato». Nei talk show di tutto il mondo - Russia compresa - le parole spesso superano la realtà. Ma quelle con cui Olga Skabeyeva commentava, sere fa, l'affondamento dell'incrociatore Moskva minacciano di rivelarsi assai concrete. Olga Skabeyeva è il volto istituzionale di Rossya Uno, la più ufficiale delle emittenti di Mosca. Abbandonando il consueto lessico dell'«operazione speciale» in Ucraina e introducendo la prospettiva di una guerra con la Nato la commentatrice interpretava, si dice, sentimenti diffusi dentro lo stesso Cremlino. E questo fa capire quali incognite comportino le attività delle forze speciali inglesi mandate a Kiev per addestrare gli ucraini all'utilizzo di quei missili anticarro NLaw diventati la dannazione dei convogli russi.

La notizia, trapelata grazie ad uno scoop del Times, rischia di diventare la classica goccia capace di far traboccare il vaso. Per Mosca quel vaso è già stracolmo. Per capirlo basta la nota ufficiale indirizzata a Washington in cui Mosca prefigurava, fin da martedì scorso, «conseguenze imprevedibili» in caso di nuove forniture militari a Kiev. Da allora le cose, dal punto di vista russo, sono andate di male in peggio. La visita di Boris Johnson a Kiev, con tanto di passeggiata al fianco di Zelensky, ha rappresentato un autentico schiaffo. E peggiore dello schiaffo sono state le allusioni alla necessità di fornire missili anti-nave all'Ucraina per fermare gli attacchi ad Odessa. Anche perché, subito dopo, una coppia di missili fabbricati in Ucraina, su cui nessuno scommetteva un soldo, ha affondato la Moskva e sollevato il sospetto che il premier inglese alludesse a forniture già pervenute.

Il tema forniture è diventato addirittura esplosivo quando Joe Biden, ignorando la nota russa, ha annunciato l'invio in Ucraina di altri 800 milioni di dollari di armamenti tra cui droni tattici, obici da 155 millimetri ed elicotteri Mi17 di origine russa destinati originariamente all'esercito afghano. Come se non bastasse, sono poi arrivate, le dichiarazioni del segretario di Stato Antony Blinken in cui si prefigurava un conflitto destinato a durare tutto il 2022.

Dichiarazioni in cui il Cremlino legge un rifiuto delle profferte di Vladimir Putin pronto a ipotizzare un cessate il fuoco subito dopo la presa del Donbass. Nella lettura di Mosca gli Usa punterebbero, insomma, a un conflitto di lunga durata il cui vero obbiettivo non è salvare l'Ucraina, ma mettere in ginocchio la Russia e il suo presidente. In questa visione l'annunciata messa al bando dal suolo russo di Johnson e dei suoi ministri potrebbe rappresentare il prologo politico di una rappresaglia anche militare contro la Nato. Il 24 febbraio, annunciando l'inizio delle operazioni in Ucraina, Putin avvisò l'Occidente che un suo coinvolgimento nel conflitto avrebbe avuto «conseguenze mai fronteggiate prima». Ora il Cremlino potrebbe aver deciso che è tempo di farsi prendere sul serio. Per farlo ha due opzioni. Può cercare di colpire i militari inglesi, eventualmente ancora presenti in Ucraina, o i convogli Nato coinvolti nel trasferimento di armi a Kiev. La prima opzione è in fondo la meno gravida di conseguenza. Le forze special in missione non ufficiale su un fronte straniero sono per loro natura «sacrificabili». Un'eventuale rappresaglia russa contro quelle unità non basterebbe, probabilmente, a far scattare l'articolo 5 della Nato sulla difesa comune. Ben diversa sarebbe una rappresaglia russa contro i convogli della Nato presenti in Polonia o in altri territori limitrofi all'Ucraina. A quel punto lo scenario da «talk show» di Rossya Uno diventerebbe tragica realtà.

E coinvolgerebbe tutti noi.

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