Stangata sulla pasta, dazi Usa al 107%

Produttori italiani accusati di dumping. Lollobrigida e Tajani: "Ingiustificato, interverremo"

Stangata sulla pasta, dazi Usa al 107%
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È in arrivo una stangata per la pasta italiana che mette a rischio quasi 700 milioni di export: il Dipartimento del Commercio Usa ha deciso di aggiungere alla tariffa del 15%, già in vigore, un nuovo dazio del 91,74% che fa salire l'imposizione complessiva a quasi il 107 per cento. "Con l'ambasciatore Marco Peronaci facciamo il punto sulle azioni a tutela del nostro export. Seguiamo con attenzione i dossier legati alla presunta azione anti dumping che farebbe scattare un meccanismo iper protezionista verso i nostri produttori di pasta del quale non vediamo né la necessità, né alcuna giustificazione", ha dichiarato il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida in visita negli Usa. "Il governo e i nostri diplomatici sono in contatto costante con gli uffici governativi statunitensi per affrontare questo ed altri dossier utili a garantire rapporti commerciali floridi e sempre più proficui", ha aggiunto. In campo anche la Farnesina che "sta seguendo il procedimento" da inizio settembre" ed è al lavoro affinché gli Usa rivedano la stretta.

Per l'ad di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, si tratta di una forzatura, intervenuta "in un momento particolarmente delicato" e che "avvantaggerà chi produce pasta negli Stati Uniti, danneggiando tutti quelli che esportano invece la pasta dall'Italia verso gli Usa". La politica sui dazi imposta da Washington "per favorire il mercato interno diventerà un boomerang per gli Stati Uniti perché su tante filiere produttive loro non producono quei beni che sono andati a tassare. Quell'aumento di costo lo pagheranno i cittadini americani con un tema di svalutazione del dollaro che è già avvenuto, con un tema inflattivo che ci sarà, con un tema di impoverimento delle fasce più deboli della popolazione", ha commentato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Sottolineando che "raddoppierebbe il costo di un primo piatto per le famiglie americane e aprirebbe un'autostrada ai prodotti Italian sounding, favorendo le imitazioni e penalizzando le nostre imprese". Nel 2024 l'export di pasta Made in Italy negli Stati Uniti ha raggiunto un valore di 671 milioni, un mercato strategico che verrebbe di fatto azzerato da un dazio di pari entità. Se Washington non cambierà rotta entro novembre, il nuovo dazio sarà applicato in dogana già da gennaio 2026. Prandini chiede quindi che il governo italiano e la Ue si attivino con decisione.

La maggiorazione sulle tariffe deriva dalle accuse di dumping che l'amministrazione Usa rivolge ad alcune società italiane produttrici di pasta che sono state prese in esame da un'indagine del Dipartimento del Commercio americano. Nel dettaglio, il ministero statunitense ha svolto una revisione sulle importazioni di pasta dall'Italia su richiesta di alcune aziende americane tra il 1 luglio 2023 e il 30 giugno 2024. Alla verifica del dipartimento, che comprende una revisione completa dei dati di vendita e di costo, in questo caso, sono state sottoposte due aziende ritenute più "rappresentative" del settore: La Molisana e Garofalo. Nell'indagine sono citati altri esportatori tra cui: Agritalia, Aldino, Antiche Tradizioni Di Gragnano, Barilla, Gruppo Milo, Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco, Pastificio Chiavenna, Pastificio Liguori, Pastificio Della Forma, Pastificio Sgambaro, Pastificio Tamma e Rummo. "Il 91,78 % di dazi è un insulto al prodotto del Made in Italy per eccellenza segno che si tratta di una decisione politica non tecnica. Ringraziamo il Maeci che ci sta supportando in questa battaglia come anche gli altri ministeri coinvolti.

Serve un segnale forte delle nostre istituzioni per evitare la chiusura del secondo mercato nelle esportazioni di pasta italiana dopo la Germania", ha commentato Cristiano Laurenza, segretario generale di Pastai di Unione italiana food.

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