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Gli Stati Uniti al bivio

Joe Biden è arrivato a un passo dalla Casa Bianca con due record assoluti: quello del candidato più votato nella storia delle presidenziali USA e quello dell'età più avanzata per un nuovo Commander in Chief: compirà 78 anni esattamente tra due settimane

Gli Stati Uniti al bivio

Joseph Robinette «Joe» Biden è arrivato a un passo dalla Casa Bianca con due record assoluti: quello del candidato più votato nella storia delle presidenziali americane (oltre 72 milioni di suffragi a conteggi non ancora ultimati) e quello dell'età più avanzata per un nuovo Commander in Chief: compirà 78 anni esattamente tra due settimane, il 20 novembre. Il prossimo presidente degli Stati Uniti se, come sembra quasi certo, sarà davvero lui - non avrà però tempo di baloccarsi con queste soddisfazioni statistiche, perché sarà subito chiamato a gestire una fase molto delicata della storia nazionale. Una fase in cui sarà prioritario da parte sua compiere uno sforzo per ricomporre la frattura tra le due metà in cui si è spaccata l'opinione pubblica americana, e cercare di ricostruire per quanto possibile un'identità condivisa.

Chiamato verosimilmente, per ragioni anagrafiche, a essere l'uomo di un solo mandato, Biden dovrà lavorare su due obiettivi principali. Uno riguarda l'intero popolo americano, e consisterà appunto nello svolgere al meglio il proprio compito di presidente di transizione; l'altro avrà come oggetto il partito democratico, al cui interno dovrà impegnarsi per far crescere un suo credibile successore, che potrà essere plausibilmente la sua attuale vice Kamala Harris. In entrambi i casi, verranno messe alla prova la sua reale natura politica e la sua statura come leader. In altre parole, Biden sarà chiamato a dimostrare con i fatti di essere davvero un centrista motivato a unire sotto la sua guida l'intera nazione e non piuttosto quell'uomo di paglia ostaggio di una sinistra radicale intollerante e aggressiva, quella che fa della scioccante «cancel culture» e del nuovo bigottismo «politically correct» la propria bandiera. Le sue prime dichiarazioni, a verdetto elettorale non ancora pronunciato, sembrano orientate più nella prima direzione, con l'insistenza sul tema della leadership per tutti gli americani e sul rifiuto di fare come un tempo usava dire «figli e figliastri», distinguendo tra Stati democratici e Stati repubblicani. Anche perché è cronaca di queste giornate convulse di conteggi sul filo del rasoio in troppi casi questa discriminazione è priva di senso, essendo molti Stati spaccati quasi esattamente in due sotto il profilo elettorale.

Cartina di tornasole delle reali intenzioni del neo presidente traghettatore saranno le sue scelte in tema di ministri. Perché se dovesse dare ascolto alle pretese di un altro quasi ottuagenario ambiziosissimo, il leader della sinistra socialista Bernie Sanders, gli toccherebbe soddisfare l'ambiente radicale che lo porta in palmo di mano e nominarlo addirittura ministro del Lavoro, come lui ha già fatto capire di aspettarsi. Anche un'altra ex rivale di sinistra nelle primarie democratiche, Elizabeth Warren, non fa mistero dei propri appetiti riguardo alle poltrone di una futura Amministrazione Biden, e bisognerà vedere se il presidente accontenterà lei o Sanders o non, piuttosto, figure più moderate e giovani all'interno del partito. Come quel Pete Buttigieg la cui stella aveva brevemente brillato di luce propria alle primarie dem prima che l'ex vice di Barack Obama emergesse come l'unico candidato in grado di sottrarre a Donald Trump i decisivi voti centristi. Altro tipo di segnale Biden invierebbe invece se decidesse di inserire nella sua compagine uno o due esponenti repubblicani moderati.

Un'ipotesi di ricucitura al centro forse poco gradita da Kamala Harris, che già si sente la prossima prima presidente donna e che guarda, com'è noto, più a sinistra del suo attuale boss.

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