Statue, presepi e canti Quante autocensure in nome di chi ci uccide

Sempre più spesso le istituzioni rinunciano a difendere le nostre tradizioni religiose

Musiche arabe e canti africani al posto del tradizionale Tu scendi dalle stelle nel concerto di fine anno; crocifissi tolti dai muri delle aule e ordinatamente riposti negli scatoloni; tre migranti come Re Magi e lo sfratto a Gesù bambino, altrimenti addio presepe. Feste di Natale trasformate in «feste d'Inverno» e posticipate a fine gennaio. E poi quella gita alla scoperta di capolavori come «La crocifissione bianca» di Chagall, che proprio non s'ha da fare.

Episodi, gesti, suggestioni. Frammenti di realtà sempre più frequenti e puntualmente derubricati dai pompieri del politicamente corretto a banali gaffe. Non serve addentrarsi nelle cronache della profonda provincia italiana per ritrovare i tasselli di un collage che ci restituisce un ribaltamento di prospettiva. In cui i valori della civiltà occidentale vengono filtrati dalla lente distorta dell'integrazione, del laicismo e del multiculturalismo a tutti i costi, dando vita spesso a paradossi.

Era stata, solo sei mesi fa, una «forma di rispetto per la cultura e sensibilità iraniane» a portare i nostri sovrintendenti a oscurare con pannelli di compensato le bellezze dei nudi artistici dei Musei Capitolini in occasione della visita del leader Hassan Rohani. Che aveva ringraziato per «l'ospitalità» con tanti complimenti. Era stato lo stesso strabismo che nell'ottobre 2015 aveva messo un paravento a un nudo dell'artista Jeff Koons per l'arrivo a Palazzo Vecchio dello sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan dagli Emirati arabi.

Era stata la «laicità della scuola e dell'insegnamento», nel novembre 2015, a spingere un preside di un istituto alle porte di Milano ad eliminare dal calendario scolastico la tradizionale festa natalizia, scatenando una bufera che infine lo ha costretto a un passo indietro.

Era è stata l'ingenuità di un parroco della diocesi di Vittorio Veneto, esattamente un anno fa, a chiedere agli Alpini di correggere la loro preghiera da recitare in chiesa. Perché un passaggio («rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana») si prestava a interpretazioni violente nei confronti della comunità straniera. Ed era stata ancora nel novembre scorso la solerzia di un gruppo di insegnanti di una scuola primaria di Firenze a concludere che fosse meglio annullare quella gita a Palazzo Strozzi tra le opere Van Gogh, lo stesso Chagall, Fontana, Picasso, Matisse e Munch, «per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche visto il tema religioso della mostra». Lo stesso zelo che a febbraio aveva spinto alcuni docenti di un istituto di Bologna ad autoinvestirsi della missione di affermare il principio di laicità della scuola italiana: con un ricorso al Tar, poi accolto, avevano impugnato l'autorizzazione alle benedizioni pasquali all'interno dell'istituto (sì c'era pure bisogno di una delibera). Costringendo i parroci a officiare il rito fuori dalle mura scolastiche.

A Montegrappa, in Veneto, una scuola media ha già da tempo

archiviato il Natale cristiano, sostituendo il concerto di dicembre con una sinfonia multietnica. A Pistoia il vescovo ha detto no: due parroci volevano aprire le porte della chiesa alla preghiera islamica. A tutto c'è un limite.

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