Politica

La stima e gli egoismi

Gli applausi che la Scala ha tributato due giorni fa a Sergio Mattarella sono stati più che meritati

La stima e gli egoismi

Gli applausi che la Scala ha tributato due giorni fa a Sergio Mattarella sono stati più che meritati. Sono stati il riconoscimento dovuto ad un presidente che è stato attento a non superare i limiti che gli pone la Costituzione (a differenza di qualcuno dei suoi predecessori) e che è stato sempre rispettoso delle prerogative del Parlamento. Di ben altro tenore, invece, sono state le speculazioni di chi, non avendo candidati competitivi per il Quirinale, ha utilizzato per l'ennesima volta quell'episodio per rilanciare l'ipotesi di un secondo mandato per l'attuale capo dello Stato.

Un'operazione di parte, che nasconde una buona dose di egoismo: per risolvere i propri problemi, il Pd, e in genere la sinistra, chiede a Mattarella, cioè ad un presidente che ha sempre seguito alla lettera la Carta costituzionale, di rinnegare se stesso. Cioè di prestarsi ad un'operazione che, come ha ripetuto più volte l'interessato, non è in linea con lo spirito della Carta. Del resto basta leggere i lavori dell'Assemblea Costituente per verificare che a schierarsi a favore della possibilità di rieleggere il presidente fu il solo Palmiro Togliatti, educato ai tempi biblici delle nomenklature del Cremlino. Contrario in linea di principio, invece, fu Aldo Moro, cioè il padre politico dell'attuale presidente.

Questa sua contrarietà Mattarella l'ha ripetuta più volte ed è irrispettoso del suo ruolo, e della sua persona, insistere. Anche perché queste operazioni finiscono per logorare la stessa immagine del presidente: quando Napolitano concluse il suo primo settennato, malgrado fosse stato burrascoso, godeva della fiducia di tutti; due anni dopo la seconda elezione al Colle, quando si dimise, se ne andò, invece, tra le polemiche e le critiche. Del resto sette anni non sono pochi per la politica di oggi. Sono quasi due mandati degli inquilini della Casa Bianca, che però hanno una legittimazione popolare. Per cui un secondo settennato al nostro capo dello Stato finirebbe per trasformare il mandato presidenziale in un papato.

Ecco perché questo tentativo continuo di tirare Mattarella per la giacca, di strappargli un sì per nulla convinto a restare, somiglia tanto ad una violenza. Un comportamento che non è certo figlio dell'amore verso le istituzioni, ma risponde più all'esigenza di salvaguardare gli interessi di partito.

Ed è, in fondo, anche una mancanza di riguardo verso quell'applauso di commiato, sentito e spontaneo, che il pubblico della Scala ha riservato a Mattarella interpretando il sentimento del Paese.

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