La stizza di Matteo: "Le persone normali sarebbero felici..."

Pd meno 320mila voti nell'antica roccaforte, solo 4mila voti in più in Calabria rispetto alla consultazione precedente. Più che un secco 2 a 0, un ko tecnico

La stizza di Matteo: "Le persone normali sarebbero felici..."

Roma - L'allarme non è rosso, è porpora. Come il colore dei visi che scrutano i dati definitivi di Emilia-Romagna e Calabria: Pd meno 320mila voti nell'antica roccaforte, solo 4mila voti in più in Calabria rispetto alla consultazione precedente (nella quale fu sconfitto). Più che un secco 2 a 0, un k.o. tecnico: per abbandono dell'avversario. Il piano di comunicazione scatta perciò con la stessa velocità dei pollici di Matteo Renzi, che digita all'una di notte il primo tweet : «Due a zero netto: 4 regioni su 4 strappate alla destra in 9 mesi. Lega asfalta Forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%».

Di questo passo, se i votanti continuano a dimezzarsi come in Emilia-Romagna, il nascente partito renziano potrà bearsi di percentuali bulgare, l'80-90 per cento. Le paure del premier si dissolvono così nello sfinimento degli elettori, oltreché nella mancanza di avversari. L'importante è calcare la mano sul resto, sull'immancabile vittoria, sul gesto della «manita» che un Matteo raggiante agita per colpire un immaginario popolare sempre più affranto e/o indifferente. «Negli ultimi otto mesi abbiamo avuto cinque elezioni regionali e il Pd ha vinto cinque a zero. Oggi una persona normale dovrebbe esserne felice...».

Eppure ovunque allignano persone un po' meno che normali, anche nel suo stesso partito, persone sicure e preoccupate che vincere in questo modo non rafforzi affatto il quadro politico. «Dati disarmanti», dice Civati. «Houston abbiamo un problema», commenta Gotor. «Sì, abbiamo un grosso problema nell'organizzazione del consenso», ragiona Cuperlo. Persino il professor Prodi si rifà vivo con un ricordo di gioventù: «Il mio professore di filosofia, quando qualcuno di noi si esibiva in una interrogazione insufficiente, accampando scuse, usava rispondergli amabilmente: “Mio caro, come ti fai il letto così dormi”».

Renzi però non dorme e derubrica il dato dell'astensionismo come «elemento secondario, che riguarda tutti» (in privato dice di non sottovalutarlo affatto, ma fa sapere con una punta di stizza che «le elezioni servono a indicare chi governa non solo per contare quanti votano»). L'importante è apparire, non essere, e il premier incassa il dato che gli occorre. «Gli altri chiacchierano, noi cambiamo l'Italia. L'agenda del governo non cambia».

Condurre in porto almeno l' Italicum , con o senza Forza Italia, prima che Napolitano lasci. In alternativa, condurre il Paese alle urne appena si può. Si fa per dire, naturalmente: basti che a votare ci vada un italiano su tre, quello del Pd. Poi un bel brindisi per tutti, nel deserto.

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