Gli stipendi pesano sempre meno. Mentre il governo mette a punto il Reddito di cittadinanza, lascia cadere il bonus baby sitter e inizia a fare trapelare bozze di flat tax in versione familiare, il potere di acquisto delle famiglie perde terreno. I dati Istat si riferiscono al quarto trimestre del 2018, quando il reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. In termini reali, al netto dell'inflazione, la perdita di potere di acquisto è stata dello 0,5%.
I redditi non tengono il passo nemmeno con l'inflazione bassissima di quest'anno, ma nello stesso trimestre, la propensione ai consumi tiene. La spesa è aumentata dello 0,5%, a scapito della propensione al risparmio, diminuita dello 0,6%.
Cambiamenti di strategie delle famiglie, alle prese con le incertezze dell'economia si incrociano con problemi antichi dell'economia italiana, in primo luogo la bassa produttività del lavoro.
Confesercenti ha quantificato la perdita di reddito disponibile delle famiglie. Il potere d'acquisto è diminuito di due miliardi di euro rispetto al 2011. «Le famiglie non sono ancora riuscite a recuperare pienamente quanto perduto durante la grande recessione».
Con gravi ripercussioni sulle piccole aziende. «Da 2011 al 2018 abbiamo perso circa 360 mila occupati indipendenti, tra imprenditori e collaboratori familiari. Quasi la metà (168 mila) nel commercio, dove a soffrire di più sono stati i negozi di vicinato», prosegue l'associazione di categoria.
La tenuta dei consumi, a fronte di stipendi meno pesanti, è da interpretare come un ritorno dell'incertezza sugli investimenti. Ma anche sulle imposte che gravano su beni e servizi. Il governo non ha smentito le indiscrezioni su un aumento dell'Iva anticipato alla primavera.
Si parla di misure pro famiglie sul fronte fiscale, con una flat tax al 15% per i redditi familiari sotto i 30 mila euro. Un incentivo alle separazioni, secondo Enrico Zanetti, ex viceministro all'Economia.
Ma spunta anche un colpo ai redditi delle famiglie, destinato a diventare un nuovo caso politico. Dal primo gennaio scorso non è più possibile per le madri lavoratrici fare domanda per il contributo per i servizi di baby sitting e per gli asili nido. La legge di Bilancio 2019 non ha rinnovato il bonus introdotto in via sperimentale per il triennio 2013-2015 e prorogato per il biennio 2017-2018. La novità è contenuta in un comunicato dell'Inps. Chi ha già ottenuto di poter godere del bonus baby-sitter ne potrà usufruire fino al 31 dicembre 2019 dichiarando le prestazioni entro il 29 febbraio 2020 «nell'apposita sezione del Libretto Famiglia».
«Ogni giorno questo governo ci regala una perla di stupidità», ha commentato Matteo Renzi sul suo profilo Twitter.
Ma il caso baby sitter diventa un altro fronte aperto nella maggioranza. Dalla Lega è filtrata una valutazione molto negativa. Il bonus «è sempre stato gestito dal ministero del Lavoro» e la Lega «ha presentato emendamenti per il rifinanziamento della misura, sia alla Camera che al Senato».
Quindi, il Carroccio si augura che «Di Maio voglia porre rimedio al mancato rinnovo». Ma i 5 stelle replicano piccati: «La Lega è un po' distratta: abbiamo alzato di 500 euro il bonus nido per i prossimi tre anni». La lotta continua.
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