Lo strazio di dover decidere su una vita di un bambino piccolissimo. Ragioni ormai a questo punto politiche, giuridiche. E ancora un no per la famiglia di Charlie Gard, il bambino inglese di appena dieci mesi affetto da una rara e incurabile malattia genetica. Il piccolo non potrà venire in Italia, al Bambin Gesù che si era offerto di accoglierlo e curarlo. Dopo il blocco al trasferimento dato dai medici inglesi, a chiudere definitivamente la questione è stato il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson che, in una telefonata con l'omologo italiano Angelino Alfano. «Grato per la proposta dell'ospedale Bambino Gesù di Roma, ma ragioni legali non consentono lo spostamento del piccolo», ha spiegato. Un tira e molla estenuante, una battaglia sul diritto di una famiglia già stremata dalla malattia rara che ha colpito il loro figlioletto. Una storia drammatica e crudele. Il senso di impotenza dei giovani genitori, che si appellano con tutte le loro forze, che cercano instancabili una soluzione anche davanti alla più dura e straziante realtà, i medici che invece vogliono staccare la spina ai macchinari che tengono in vita Charlie. Accanimento terapeutico dicono. Le sentenze del tribunale che danno ragione ai dottori perchè per Charlie non c'è cura al mondo. Ma come dev'essere disumano per un genitore accettarlo?
Già l'altro ieri i medici del Great Ormond Street di Londra, dove è ricoverato il bambino, avevano fatto sapere di avere «le mani legate dalle sentenze giudiziarie». Situazione che avevano illustrato anche all'ambasciatore italiano a Londra, Pasquale Terracciano, che martedì, su espressa richiesta di Alfano, aveva telefonato alla struttura per sollecitare il ricovero a Roma. La premier britannica Theresa May si è detta «fiduciosa che l'ospedale Great Ormond Street abbia preso e prenderà sempre in considerazione le offerte o le nuove informazioni che sono state avanzate».
In realtà una minima possibilità di trasferire Charlie a Roma esiste, ma per la presidente del Bambino Gesù Mariella Enoc non è contemplabile: «Lo trasferirebbero solo se noi fossimo disposti a eseguire la sentenza della Corte Suprena: quindi a non curare più il bimbo e a staccare la spina. È ovvio che a questo abbiamo risposto di no, che noi non intendiamo farlo».
Nonostante le difficoltà, la struttura pediatrica romana non ha intenzione di abbandonare la causa. Anzi, Enoc ha annunciato che «i medici sono già al lavoro con altri esperti internazionali per mettere a punto un protocollo di trattamento sperimentale per Charlie». Gli operatori sanitari si stanno quindi preparando per aiutare il piccolo nell'eventualità che la sentenza venga annullata. «Il protocollo è internazionale - ha spiegato Enoc - che si potrebbe applicare al bambino dove si vuole: a Londra, a Roma, a New York».
«Il sostegno del Papa e del Presidente ci ha dato speranza - ha detto Connie Yates, mamma di Charlie - Sono uomini tradizionali che credono nella famiglia. Credono nella nostra battaglia e capiscono perché riteniamo sia giusto continuare a batterci con tale forza per salvare Charlie».
L'ultima a
schierarsi, in ordine di tempo, è la cantante Cher con un tweet: «Mandatelo da noi. Le istituzioni non hanno il diritto di spegnere la vita di un bambino amato. Se gli Usa possono salvare il prezioso Charlie Gard, mandatecelo».
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