La storia in uno scatto. Ma ecco cosa resta di quei mitici anni '80

Dei dodici visionari che hanno fatto grande il made in Italy solo tre "parlano" italiano

La storia in uno scatto. Ma ecco cosa resta di quei mitici anni '80
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Giovani e sorridenti. Quasi rinascimentali, a guardarli oggi. Sono tutti lì, i big della nostra moda. In fila davanti alle guglie del Duomo di Milano che sembra battezzare il made in Italy. Visionari e geniali, avevano le redini di un'Italia pronta a trasformare la moda in industria, senza tradire la mano dell'artigiano. Stilist che non sapevano ancora che sarebbero diventate imperi. Dove il nome era l'azienda. Anzi il brand era la persona. Eccoli tutti lì. Da sinistra, Laura Biagiotti, Mario Valentino, Gianni Versace, Krizia, Paola Fendi, Valentino Garavani, Gianfranco Ferrè, Mila Schön, Giorgio Armani, Ottavio Missoni, Franco Moschino e Luciano Soprani, immortalati da una delle icone delle giornaliste di moda, Adriana Mulassano.

Era il 1985, quando la settimana della moda non si chiamava ancora Fashion week. Era l'anno della nevicata storica, della prima telefonata da un portatile e di Ritorno al futuro sul grande schermo. Erano gli anni in cui i giornalisti stranieri volavano a Linate come pellegrini, per capire che cosa avrebbero indossato le élite del mondo nei sei mesi successivi. La Milano da bere era anche la Milano del ben vestire, dove la creatività artigianale saliva dalle sartorie romane e dai laboratori lombardi per conquistare le passerelle globali. Oggi, di tutti loro sono rimasti solo Valentino e Paola Fendi, ma quello che "non c'è più" è ben altro. Il made in Italy spesso è un etichetta ma i fondi, i nuovi padroni, parlano altre lingue. Quasi tutte le maison sono infatti passate di mano. Con francesi e americani che hanno fatto man bassa, grazie ai loro fatturati miliardari. Divorati da giganti del lusso come LVMH (di cui oggi Fendi fa parte), gruppo da 84,7 miliardi. E nonostante qualche ritorno, a guardare quella foto la sensazione è più forte della nostalgia del passato. Versace dopo sette anni in mano a Capri Holdings (gruppo americano che controlla anche Michael Kors e Jimmy Choo) è stato acquistato da Prada, con una delle operazioni tra le più rilevanti del sistema moda italiano: 1,25 miliardi di euro certificati l'aprile scorso.

Per avere il 30% di Moschino il gruppo Aeffe (che ha poi scorporato e ceduto la parte beauty) ha speso 66 milioni. LVMH per il 25,5% di Fendi, diventando azionista di maggioranza dal 2001, ha sborsato 570 milioni. Il gruppo Krizia non esiste più come entità autonoma, in quanto il marchio Krizia è stato acquisito nel 2014 dal gruppo cinese Marisfrolg Fashion. Krizia era originariamente un brand di moda fondato dalla stilista italiana Mariuccia Mandelli nel 1954, e il nome Krizia è oggi usato dal gruppo cinese che ne commercia le linee.

Valentino, che oggi può contare su un fatturato di 1,3 miliardi, non parla più italiano, ha virato a Oriente controllato da due azionisti chiave, il fondo del Qatar Mayhoola e il gruppo Kering che oggi possiede il 30% delle azioni con la prelazione per arrivare al 100% entro il 2028. Laura Biagiotti resta un'eccezione, ancora in mani familiari, guidata dalla figlia Lavinia. Armani ha resistito come roccaforte indipendente, con Re Giorgio che ha continuato a presidiare con disciplina quasi militare il suo impero fino all'ultimo giorno di vita. Espressione del made in Italy è anche Missoni (126 milioni di ricavi nl '23), il celebre marchio italiano di maglieria che è ancora controllato dalla famiglia fondatrice, che detiene il 59% del brand, mentre il restante 41% è di proprietà del fondo di investimento italiano FSI, che ha acquisito la sua quota dopo aver investito 70 milioni di euro nel 2023. Di Ferrè e Soprani restano archivi e memorie: il primo scomparso troppo presto, il secondo passato al Gruppo Sport Commerce Italia.

Cosa resta di quella foto oggi? Senz'altro la lezione che i sogni possono diventare imperi, ma che la creatività ha bisogno di investimenti, i numeri da soli non bastano. Però quella foto con il Duomo sullo sfondo non è solo nostalgia.

È un promemoria, o deve suonare come tale. Ci ricorda che la bellezza può cambiare proprietà, gli stilisti possono passare, ma l'intuizione di fare della moda un sistema integrato, produttivo, globale è stata un'invenzione tutta italiana.

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