L'umanità è cercare il bimbo perduto

Si può educare a riconoscere il valore della bellezza e del bene, e cogliere in quel piccolo episodio del bambino scomparso e ritrovato il significato dell'umano che non rinuncia a manifestarsi in modi imprevisti

L'umanità è cercare il bimbo perduto
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Si ammazza per rubare le cuffiette di un telefonino; una città soffre e si mobilita alla ricerca di un bambino sparito. Sono i volti dell'umano. L'uno non esclude l'altro: ma la differenza la decidiamo noi. Il male invoglia a impegnarsi in analisi complesse, talvolta così eleganti e raffinate dal compiacersi che, fortunatamente, esiste il male del mondo così da poterne parlare. Allora sembra che la generosità, la solidarietà, l'amore stesso finiscano per dare sfogo a un linguaggio retorico che fa una figura modesta e patetica se si ascoltano le parole degli apologeti del nichilismo, le loro invettive sull'incombente catastrofismo dell'umano. E si dimentica che noi, sempre, possiamo decidere. Una decisione semplice, immediata quella dei cittadini di Ventimiglia per ricordarci che si può scegliere l'amore, che la solidarietà umana esiste, nonostante i disastri sotto i nostri occhi. Una decisione che nasce da un sentimento spontaneo: non si possono comandare i sentimenti, non si può ordinare di amare qualcuno. Quel sentimento collettivo di solidarietà a cui abbiamo assistito è spontaneo, nasce dal profondo del cuore, mostra con tutta evidenza quell'umano che per definizione è l'essenza dell'uomo. Fin dal principio non c'è la lotta tra il bene il male, tra la luce e la tenebra? Perché allora pensare che dovrebbe prevalere il male sul bene, la tenebra sulla luce? Tanta felice meraviglia per un comportamento così bello come quello che ha coinvolto tanta gente che poteva continuare a fare vacanza e tanti cittadini che potevano pensare i fatti loro, perché, in genere, è difficile parlare della bellezza, difficile raccontare il bene del mondo che unisce, non divide. Più facile drammatizzare il male e le tenebre che ci avvolgono oppure trincerarsi come anime candide nella venerazione delle ceneri del passato: conviene, non si fanno brutte figure.

C'è una frase rivoluzionaria di Gesù (Matteo 10,27) che esorta, incoraggia a parlare del bene, della bellezza dell'umano, non sussurrando però, ma a voce alta "dai tetti", dall'alto senza timore, perché tutti ascoltino. Non si può ordinare di amare, ma si può educare a riconoscere il valore della bellezza e del bene, e cogliere in quel piccolo episodio del bambino scomparso e ritrovato il significato dell'umano che non rinuncia a manifestarsi in modi imprevisti.

Allora è dai tetti che quel significato va comunicato a piena voce senza paura di essere banali, retorici, ridicoli, e ricordare senza falsi intellettualismi quanta bellezza ci sia in questa vita anche quando sembra sprofondare nelle tenebre.

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