La strada obbligata per salvare l'Europa dall'esplosione

Ultima chiamata per l'europa: più libertà meno burocrati

La strada obbligata per salvare l'Europa dall'esplosione

Forse, l'Unione europea sarebbe migliore e le sue prospettive di crescita sarebbero più luminose se politici e media dei Paesi membri la smettessero di celebrarne le magnifiche e progressive sorti e incominciassero e riflettere sulle sue molte anomalie e a individuarne la soluzione. Le risoluzioni e le direttive di Bruxelles, ispirate costantemente a un bieco burocratismo legislativo, tipicamente razionalistico, paiono, spesso, il prodotto manicomiale di qualche spirito allegro in libera uscita. È vero che esse sono il riflesso di interessi nazionali spesso in competizione, se non in conflitto, ma la politica è pur sempre il modo di risolvere i problemi attraverso procedure che disciplinino la competizione ed evitino i conflitti. La transizione libera e spontanea dall'apertura mondiale dei mercati allo Stato moderno di democrazia liberale è avvenuta, nel Settecento, in Europa con l'illuminismo. Si tratta di far tesoro della passata esperienza, ripristinando un nuovo illuminismo, fondato, questa volta, più sull'empirismo critico che su sulla sola ragione come in passato. Tutto sta ad avere la volontà e la cultura per farlo.

L'Europa unita, così com'è e funziona, è palesemente un fallimento, perché non tiene conto, innanzi tutto, del principio di realtà e, in secondo luogo, del senso comune che è, appunto, l'esito empirico di tenere conto della realtà com'è e non di quella che si immagina debba essere. Essa è un prodotto intellettualistico estraneo alla realtà effettuale e frutto di un'utopia non, o malamente, realizzata come ogni utopia, che, se fosse realizzabile, non sarebbe un'utopia. È del tutto inutile, ad esempio, che, a ogni fallimento, si auspichi maggiore integrazione, quando sono proprio l'eccesso di centralizzazione burocratica e un'integrazione concretatasi in senso utopistico le vere cause delle anomalie e dei fallimenti dell'Ue. Proseguendo sulla strada dell'integrazione centralistica e burocratica, prima o poi, l'Ue fallirà e l'Europa tornerà a essere il teatro di conflitti che la temporanea unità aveva eliminato.

Avevano ragione gli inglesi quando, di fronte all'invito a integrarsi maggiormente, rispondevano che non lo facevano perché «non era conveniente». I populismi antieuropeisti emersi un po' ovunque e il prossimo referendum britannico sull'Unione completeranno l'opera già in corso di sfaldamento dell'Ue. La moneta unica (l'euro) è diventata un feticcio in nome del quale si perpetrano i peggiori crimini contro il principio di realtà e il normale senso comune. Una minore fiducia nella Ragion pura e una maggiore considerazione in quella pratica, che poi vuol dire un sano empirismo, non farebbero male. La smettano, una volta per tutte, politici e media di glorificare l'Europa unita e prendano atto che è un disastro che finisce solo per alimentare posizioni di rifiuto radicale che minacciano di decretarne la fine.

L'Europa unita, dopo essere stata teatro di due tragiche guerre mondiali, ha rappresentato una sorta di garanzia contro l'insorgere di nuovi conflitti. Il continente ha goduto di decenni di pace e di sicurezza non solo per l'equilibrio del terrore instauratosi fra le due grandi potenze nucleari, Usa e Urss, ma anche grazie al quel po' di integrazione fra nazioni storicamente in competizione per la supremazia sul continente che ne è scaturita attraverso un disegno utopistico ma illuminato. Disegno che, se un difetto ha avuto, è stato quello di eccedere in ottimismo senza accorgersi che stava diventando, per un eccesso razionalista e legalista, un mostro burocratico.

Ora non si tratta di rinnegare la grande speranza, ma di correggerne le anomalie e di trovare soluzioni politiche e procedurali che ne massimizzino le spinte positive. Che non sono la nascita di una federazione centralistica, che ne accrescerebbe gli attuali difetti, ma la crescita e lo sviluppo delle libertà personali e individuali di uomini e donne e certe autonomie nazionali. L'Europa unita è già una zona di libero scambio e di libertà di movimento di capitali e di uomini.

Ebbene, nel clima della globalizzazione, la si rafforzi in modo che essa possa competere sui mercati mondiali e disciplinare meglio quello interno. Sarebbe la soluzione che gli inglesi avevano individuato col loro realismo. Prima che la Gran Bretagna abbandoni l'Unione, poco conveniente perché troppo burocratica...

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