Strage di Bologna, ergastolo all'ex Nar. Cavallini: "Non ho nulla di cui pentirmi"

Nell'attentato neofascista di 40 anni fa morirono 85 persone

Strage di Bologna, ergastolo all'ex Nar. Cavallini: "Non ho nulla di cui pentirmi"

La Corte d'Assise di Bologna ha condannato all'ergastolo l'ex Nar Gilberto Cavallini per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione, costata la vita a 85 persone e nella quale altri 200 viaggiatori rimasero feriti. Cavallini - che anche ieri ha ribadito: «Non ho nulla di cui pentirmi» - doveva rispondere di concorso in strage. Prima della sentenza l'ex estremista di destra, che al momento è detenuto in semilibertà nel carcere di Terni, ha fatto dichiarazioni spontanee respingendo ogni responsabilità nella strage.

Cavallini nel corso del processo a suo carico, che si è arrivato alla sentenza di primo grado a 40 anni di distanza dalla strage, non ha mai voluto rivelare il nome della persona con la quale sarebbe stato la mattina del 2 agosto 1980, proprio nel momento in cui veniva piazzata la bomba in stazione a Bologna.

L'ex Nar si è sempre limitato a dire di essere partito molto presto da Treviso per incontrare a Padova «il Sub», a cui avrebbe affidato delle armi da modificare, ma non ha mai voluto rivelarne la vera identità anche se questo particolare avrebbe potuto scagionarlo. Secondo gli ex Nar Francesca Mambro e Giusvà Fioravanti, entrambi condannati per la strage di Bologna, invece, Cavallini quella mattina avrebbe incontrato invece Carlo Digilio, detto «zio Otto», l'armiere di Ordine Nuovo, segretario del poligono di tiro del Lido di Venezia. Per gli avvocati di parte civile sarebbe proprio Cavallini il tramite con quei servizi segreti che, insieme alla P2 di Gelli, sarebbero i veri mandanti della strage. Dopo aver fatto dichiarazioni spontanee, l'ex terrorista non ha atteso fino alla fine della camera di consiglio, durata oltre 6 ore, ed è rientrato nel carcere di Terni, dove fino ad oggi era detenuto in semilibertà, prima della lettura della sentenza. Ad assistere al verdetto, invece, c'era Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime e una delegazione di parenti degli 85 morti e 200 feriti nella strage della stazione di Bologna.

Il sindaco di Bologna, Virginio Merola ha commentato: «La condanna per Gilberto Cavallini conferma ancora una volta la matrice neofascista della strage del 2 agosto 1980. E aggiunge un altro importante tassello verso la verità, che sarà piena quando saranno individuati anche i mandanti. Questo risultato è dovuto all'impegno tenace dei familiari delle vittime, sempre accompagnato dalle istituzioni come parte civile». «È importante che le inchieste sulle stragi non si fermino, l'Italia deve sapere che non scade il tempo della verità e che magistratura e organi investigativi non hanno mai smesso di cercare le responsabilità», ha sottolineato Francesca Businarolo, presidente della Commissione Giustizia. La condanna di ieri arriva a 40 anni dalla strage.

Sabato 2 agosto 1980 alle 10:25 alla stazione ferroviaria di Bologna Centrale in quello che è considerato uno dei più gravi atti terroristici nel Paese dal secondo dopoguerra a oggi morirono 85 persone. Come esecutori materiali furono individuati dalla magistratura alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari. I mandanti sono ancora sconosciuti.

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