
Corpi senza vita adagiati su barelle, coperti da lenzuoli bianchi, all'esterno di una scuola. L'orrore non viene da un teatro di guerra o dagli Stati Uniti, dove le sparatorie negli istituti scolastici e nelle università sono una tragica routine, ma da Graz. Ieri, la seconda città dell'Austria dopo Vienna è stata teatro di un massacro. Nella capitale della Stiria, il 21enne Artur A. dei dintorni di Graz ha fatto irruzione con una pistola Glock e un fucile all'interno del ginnasio Borg, aprendo il fuoco (40 colpi sparati in pochi minuti) in due aule prima di suicidarsi all'arrivo del Cobra, il reparto speciale della polizia. Un gesto di follia compiuto da un ex alunno dello stesso istituto, che è costato la vita a «sei donne e tre uomini» secondo le forze dell'ordine, probabilmente cinque alunne, tre loro compagni e una docente. Conteggiati inizialmente in oltre trenta in varie condizioni, i feriti gravi per la polizia sono dodici. Una donna è morta nel tardo pomeriggio portando il bilancio a 11 vittime.
Il bagno di sangue ha segnato il culmine di una rabbia montata per anni nell'omicida. Privo di precedenti penali e titolare di porto d'armi, Artur avrebbe infatti ucciso per vendetta contro il bullismo subito quando frequentava il Borg, che ha lasciato senza diplomarsi. Tuttavia, il motivo dell'abbandono scolastico non è al momento noto. Mentre proseguono le indagini sul movente, la strage pare essere stata premeditata, con il 21enne che deteneva legalmente le armi acquistate poco prima di colpire. Con una Glock e un fucile, Artur ha sparato con precisione, mirando alla testa delle vittime, anche all'interno di quella che era stata la sua classe negli anni bui del bullismo di cui è stato vittima. Portare la morte dove si è sofferto quotidianamente per ingiurie, soprusi e umiliazioni: pare questo il folle disegno vendicativo dell'omicida, che si è sparato all'interno di un bagno della scuola.
La vittima dei bulli si è fatta giudice e carnefice di innocenti in «un orrore che non si può esprimere a parole», come ha dichiarato il presidente dell'Austria Alexander Van der Bellen. Per il capo dello Stato, il Paese è «colpito al cuore» dalla morte di «giovani che avevano tutta la vita davanti, nulla può alleviare la sofferenza» di parenti e amici degli uccisi. Di fronte alla tragedia, ha proseguito Van der Bellen, l'Austria deve rimanere unita: «In questa coesione è la nostra forza». Sulla stessa posizione il cancelliere Christian Stocker, secondo cui «in questo momento difficile, l'umanità è la nostra forza più forte» davanti a «una tragedia nazionale». Un «atto incomprensibile» e un «eccesso di violenza» che, come sottolineato dal presidente del Partito popolare austriaco, ha colpito una scuola «luogo di fiducia, sicurezza e speranza». Per il cancelliere, ieri è stato «un giorno oscuro» nella storia del suo Paese, che mai prima aveva assistito a una sparatoria in un istituto scolastico come quella nella capitale della Stiria.
Dalle 10 di oggi, l'Austria sarà in lutto nazionale per tre giorni con il suo tricolore issato a mezz'asta sugli edifici pubblici, rosso come il sangue delle vittime di Graz, bianco come i lenzuoli che ne coprivano i corpi.