La polizia belga disponeva da settembre delle mappe degli obiettivi dei gruppi di fuoco di Parigi e Bruxelles, ma per mesi nessuno le ha consultate. Neppure il tempo di metabolizzare la vicenda dei sessanta militari radicalizzati che il Belgio finisce ancora una volta nella bufera per l'ennesima falla dei servizi di sicurezza.
Protagonista in negativo della storia è Yves Bogaerts, il capo della polizia di Malines-Willebroek (località a metà strada tra Bruxelles e Anversa), che non avrebbe preso sul serio un dossier su Salah Abdeslam e i suoi «compagni di merenda». Un carteggio nel quale uno zelante ispettore aveva segnalato tutti gli spostamenti del gruppo jihadista.
Non solo, secondo ambienti vicini al ministero degli Interni tra i documenti consegnati a Bogaerts c'erano anche mappe di obiettivi da colpire a Parigi e a Bruxelles e rapporti sugli spostamenti di Abid Aberkan, l'uomo che ha nascosto Salah nella sua casa di Molenbeek fino alla cattura del 18 marzo. Il tutto corredato anche da indirizzi «di possibili covi», compreso quello del civico 79 di rue des Quatre vents, dove venne arrestata la primula rossa delle stragi di Parigi.
Il commissario della stazione di Malines avrebbe di proposito dato poco peso al fascicolo redatto dal suo ispettore perché quest'ultimo non avrebbe voluto rivelare le fonti. In realtà, sottolinea il presidente del sindacato di polizia Vincent Gilles, «Bogaerts aveva chiuso ogni tipo di rapporto col suo collaboratore» per vicende sindacali che risalivano all'anno precedente, quando «l'ispettore aveva prolungato il periodo di convalescenza dopo un intervento chirurgico».
La matassa è passata al «Comitato P», l'organo di controllo dei servizi di polizia che dovrà pronunciarsi nelle prossime settimane e, con molta probabilità, sollevare dall'incarico il comandante della caserma di Malines. «Non capisco come una relazione informativa così delicata non sia stata letta o trasmessa all'antiterrorismo - spiega il sindaco Bart Somers, confermando la storia - non posso però esprimere ulteriori giudizi. Quando è scoppiato il caso ho manifestato sostegno al comandante Bogaerts, ma la nostra comunità merita maggiore attenzione. L'integralismo anche qui è una minaccia concreta».
Nella cittadina fiamminga (80mila abitanti) ci sono stati infatti cinque arresti dopo gli attentati all'aeroporto di Zaventem e alle due linee della metropolitana. Tutti «fiancheggiatori» dei kamikaze dei tragici fatti del 22 marzo. Dall'inizio dell'anno almeno una ventina di giovani originari del Marocco si sono radicalizzati, andando a combattere in Siria e Iraq per il Califfato. Malines dista da Molenbeek (quartiere jihadista per eccellenza) appena 24 chilometri. I problemi sono più o meno gli stessi. Sulle falle della polizia è intervenuto ieri anche Olivier Vanderhaegen, direttore dei mediatori culturali di Malines, gettando ulteriore benzina sul fuoco. «Lavoriamo in situazioni critiche e sotto minaccia. É inconcepibile che la polizia si permetta di giocare con la nostra vita non prendendo sul serio denunce, segnalazioni o, peggio ancora, rapporti di funzionari».
Ironia della sorte circa un mese fa i borgomastri di Molenbeek, Francois Schepmans, e di Malines, Bart Somers,
avevano firmato un accordo per scambiarsi i funzionari di polizia, in modo che potessero accedere a più informazioni possibili. Alla luce di quanto accaduto le due municipalità hanno deciso per un opportuno passo indietro.
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