Se i successi sono tutti suoi, i guai invece arrivano dal passato. Matteo Renzi non resiste alla tentazione di attribuire ai molti dei pasticci irrisolti che sono sul tavolo di Palazzo Chigi una paternità lontana nel tempo, che risale ai governi precedenti. Da Berlusconi a Monti fino ad Enrico Letta. Ce n'è per tutti pur di poter allontanare dalla sua gestione qualunque ombra. Così, alla domanda sul destino dei due marò, ancora ostaggio dei tempi biblici della giustizia indiana, il premier si divincola e chiama a testimone il suo omologo di Delhi: «Io ho tentato un accordo politico con il premier Modi, che mi ha detto io, come te, questa vicenda me la sono trovata sul tavolo racconta e alla fine l'unica strada praticabile è stata quella di sottoporre la questione a un tribunale internazionale». Ora, assicura, la faccenda «ha preso una piega diversa», ma «nel passato ci sono state diverse occasioni per chiuderla rapidamente, e non lo si è fatto». Idem sull'immigrazione: «Il trattato di Dublino è stato un errore, perché scarica il problema sui soli paesi di arrivo. Ma è un errore che abbiamo firmato noi, con i governi passati: prima Berlusconi e poi Letta», rimarca. Perché a volere quel trattato fu proprio il Cavaliere, mentre il suo predecessore lo confermò senza battere ciglio. Poi c'è la legge di Stabilità. È in deficit? «Noi la manovra in deficit la stiamo facendo meno di tutti gli altri, il deficit si fa sentire meno di tutti gli altri anni, e dal prossimo anno la curva debito-Pil va giù». Poi ricorda che «se c'è un Paese che non ha rispettato il vincolo del 3 per cento quando ha fatto la riforma del lavoro» quello «è la Germania».
E se i tedeschi hanno potuto allargare le maglie delle regole europee a loro vantaggio la colpa di chi è? «Fu l'Italia di Berlusconi e Tremonti, che allora aveva la presidenza di turno della Ue, a dire bene Germania, puoi sforare il 3 per cento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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