Lo strappo di Di Maio: "Sono stato screditato, mi dimetto da garante". E Grillo rifonda M5s: "Limiti alle cariche"

L’ex capo politico accusa Conte per gli attacchi personali e spiazza tutti: se voglio dire che cosa non mi va, devo lasciare quell’incarico. La replica dei vertici: ci ha messi in difficoltà. Il comico richiama il Movimento alla "maturità".

Lo strappo di Di Maio: "Sono stato screditato, mi dimetto da garante". E Grillo rifonda M5s: "Limiti alle cariche"

Non è uno strappo, né una ricucitura. È un rilancio. Luigi Di Maio gioca d'anticipo, prevede le mosse di Giuseppe Conte e annuncia le sue dimissioni da componente del Comitato di garanzia del M5s. Il leader del nuovo corso avrebbe preferito dare le carte, costringere il ministro al passo indietro dopo una bella ramanzina in pubblico, davanti agli iscritti. Non in punta di Statuto, ma facendolo battere in ritirata sull'onda dell'indignazione della base. E invece Di Maio sorprende tutti. Scrive una lettera indirizzata a Conte e a Beppe Grillo. Spiega i motivi alla base della sua scelta. Non una scissione, dunque. Ma l'inizio di quel «confronto interno» che, c'è da scommettere, durerà più dello spazio di un'assemblea in streaming. Almeno fino alle elezioni politiche del 2023, passando per le amministrative di primavera. L'ex capo politico attacca Conte: «Il dibattito è degenerato, si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne. Si è provato a screditare la persona». Il bersaglio è il presidente del M5s, che si prepara a convocare l'assemblea pubblica la settimana prossima. Un confronto aperto a militanti e parlamentari, che però a questo punto potrebbe diventare l'ennesimo sfogatoio. Complesso procedere a un'espulsione per correntismo, bruciata la carta della cacciata dal terzetto dei garanti. Anzi, Di Maio rivendica la possibilità di «dare un contributo, portando avanti idee e proposte». È un passo indietro, ma anche un passo avanti: «Mi rendo conto che per esprimere queste idee, seppur in maniera propositiva e costruttiva, non posso ricoprire ruoli di garanzia all'interno del Movimento». Insomma, Di Maio vuole tenersi le mani libere. Il ministro vuole mantenere «la libertà di alzare la mano e dire cosa non va bene». L'ex capo politico respinge le sirene centriste e dice: «Il M5s è la mia casa».

Dal punto di vista del ministro si tratta di un'operazione win win. Sarà libero dai lacci di un ruolo super partes e nel Comitato di garanzia lascia Virginia Raggi e Roberto Fico che non gli sono ostili. Conte insiste per avere una legittimazione con un voto della base sul suo operato. Ma l'ex premier è spiazzato. I vertici del partito in una nota parlano di «passo indietro giusto e dovuto». Nella gelida replica il gruppo dirigente va all'attacco di chi «ha esposto la nostra comunità a gravi difficoltà». Interviene anche Beppe Grillo. In un post sul blog dal titolo 5 Stelle polari guarda al passato, anche se dice che il M5s «deve passare dagli ardori giovanili alla maturità». Grillo ricicla cavalli di battaglia storici. Dall'estensione dei referendum al whistleblowing fino all'economia circolare. Poi rispolvera il limite al doppio mandato parlando di «rotazione o limiti alla durata delle cariche». I contiani ci vedono una stoccata a Di Maio, che se venisse confermato il tetto non potrebbe ricandidarsi. I parlamentari di tutte le correnti sono preoccupati per le loro chances di ricandidatura. Nei gruppi si tifa per la pace. «Con questi litigi perderemo ancora più consensi, a partire dalle comunali a primavera», dice al Giornale un parlamentare. E Grillo? «Si è rotto le scatole, spera che si chiuda questa lite», dice chi gli ha parlato.

Deputati e senatori autonomi sono sbandati e i tanti che sperano in una tregua auspicano anche un rimpasto delle cariche interne. Ritocchi ai vicepresidenti e ai componenti dei comitati, ma Di Maio cerca di frenare le ambizioni dei delusi e si riprende la scena.

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