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La strategia anti blocco delle Ong: restare in zona e mobilitare donatori

L'eco del caso sta già attirando sostegno alle organizzazioni. Ma portare i migranti in Spagna crea problemi di bilancio

La strategia anti blocco delle Ong: restare in zona e mobilitare donatori

Roma - Pep Guardiola, allenatore star del Manchester City, ha donato 150mila euro a Proactiva Open Arms. La Ong spagnola ha dato ieri l'annuncio, nonostante di solito sui nomi dei donatori queste organizzazioni tengano il massimo riserbo. Quando scoppiò il caso Ong, il Giornale inviò a tutte le maggiori organizzazioni che salvavano migranti nel Mediterraneo la richiesta di svelare i nomi dei dieci maggiori donatori. Rispose in modo chiaro solo la maltese Moas.

Cosa è cambiato? Dopo la stretta sull'attività in mare provocata dal piano Minniti, molte Ong abbandonarono l'attività, sul campo rimasero solo le più ideologizzate. Ad esempio la Moas, legata a un miliardario che ha le sue fortune a Malta, ha spostato i suoi mezzi in Asia e ora si occupano dei profughi dell'etnia Rohingya. L'attività delle Ong è strettamente legata alla capacità di attrarre donazioni. Medici senza frontiere ad esempio, nel 2017 ha speso il 17 per cento del suo bilancio da 57 milioni di euro solo per attrarre nuovi donatori e fidelizzare quelli esistenti.

L'eco internazionale della mossa di Salvini sui porti italiani può riaccendere l'interesse intorno alle attività delle Ong e, polarizzando l'opinione pubblica tra opposte ideologie, può attirare nuove risorse a favore delle navi di salvataggio. In un momento come questo è importante puntare sulla mobilitazione e sulle coscienze di chi, non vedendo il quadro politico globale, si commuove per il duro destino dei migranti. Ecco perché un testimonial come Guardiola diventa prezioso non solo per i soldi che dà, ma anche per l'effetto imitazione che potrebbe generare. La Proactiva ha spiegato che utilizzerà il denaro per riparare la sua «Open Arms», la nave che era stata posta sotto sequestro dalla Procura di Ragusa, nell'ambito di una delle inchieste sui rapporti tra Ong e trafficanti, e che pochi giorni fa è stata rilasciata su ordine del Gip.

La Open Arms si aggiungerà a fine lavori alla sparuta pattuglia rimasta in mare dopo la stretta sui traffici di uomini generata dal piano Minniti. Al momento a navigare sono rimaste solo quattro imbarcazioni. Nel momento d'oro dell'attività, la flotta delle Ong contava su quattordici mezzi e Moas poteva contare anche su un supporto aereo.

L'altro versante della strategia delle Ong riguarda i tempi del soccorso: chi effettua i salvataggi pone grande attenzione sul documentare con numeri, foto e video i propri interventi. Quasi tutte le pagine web che spiegavano come sostenere economicamente l'attività di salvataggio riportavano foto di bambini piccoli salvati, anche se erano solo una piccola minoranza dei migranti. Il numero di operazioni dunque è importanto per mostrare la propria efficienza. I migranti a bordo della Aquarius sono ben contenti di essere sbarcati in Spagna, ma Medici senza frontiere ha provato a insistere sullo sbarco in un porto più vicino, anche se la situazione medica a bordo non presenta particolari problemi. La Aquarius, navigando verso la Spagna e poi tornando indietro, dovrà abbandonare la sua missione principale per parecchi giorni. L'ideale per queste Ong, è compiere tante operazioni sul posto e poi affidare i migranti ad altre navi.

Operazione contro cui Minniti infatti si era opposto.

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