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La strategia del camaleonte: così il Pd ruba voti ai grillini

La sinistra perde la Basilicata. Mugugni dai renziani Ma con quattro liste Zingaretti sorpassa il Movimento

La strategia del camaleonte: così il Pd ruba voti ai grillini

A sinistra il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda del punto di vista sul voto in Basilicata.

Mezzo pieno per il neo-segretario Nicola Zingaretti, che può rivendicare di aver nuovamente battuto i Cinque Stelle e affermare di essere l'unica alternativa ai gialloverdi. Del resto, dice il governatore del Lazio, «per arrivare primi, se sei terzo, prima devi riuscire a essere secondo».

Mezzo vuoto, invece, per i suoi avversari interni di fede renziana, almeno quelli dell'ala più oltranzista, che si scagliano contro il leader suonando le campane a morto per la sconfitta, esattamente come gli oppositori facevano con Renzi. Il fuoco amico resta insomma la tradizione meglio preservata a sinistra.

Il Pd perde, dopo un quarto di secolo, il feudo della Basilicata. Ma con la sua coalizione riesce a piazzarsi al secondo posto, a soli nove punti dal centrodestra: 33 contro 42. E questo nonostante la bufera giudiziaria che si è scatenta contro il suo governatore uscente, Marcello Pitella, finito agli arresti nel luglio scorso, giusto in tempo per la campagna elettorale. Nel guazzabuglio di liste che costituivano il centrosinistra attorno al candidato Carlo Trerotola (scelto dallo stesso Pittella, il quale riesce comunque ad essere il candidato più votato nelle liste), quella che si richiama direttamente al Pd, «Comunità democratiche», sta tra l'8 e il 9%. Ma, spiega Zingaretti, «purtroppo eravamo arrivati al punto di presentare 4 simboli diversi, nessuno del Pd. E insieme queste quattro liste raccolgono circa il 23%, rispetto al 16% delle elezioni politiche». Il neo-segretario, insomma, ci tiene a sottolineare che, dai tempi di Matteo Renzi, si sono guadagnati addirittura 7 punti. E a ribadire che il Pd, con i suoi potenziali alleati, è l'unico argine possibile al dilagare della destra leghista: «Salvini va fermato e l'alternativa al centrodestra siamo noi, e non era scontato. Serve un Pd, che deve diventare più forte, e un nuovo centrosinistra». E Marco Miccoli, nuovo capo della Comunicazione dem, traduce: «Il tracollo del M5s segna il riproporsi di un nuovo bipolarismo».

I renziani però non ci stanno. Così Anna Ascani snocciola l'elenco delle sconfitte degli ultimi mesi e ironizza: «Friuli, Trento, Molise, Abruzzo, Sardegna e Basilicata. Alla sesta volta credo che persino il grande Toto Cutugno abbia smesso di esultare per il secondo posto. Noi abbiamo intenzione di andare avanti parecchio?». Le fa eco il deputato romano Luciano Nobili: «Da quando Renzi si è dimesso abbiamo perso cinque regioni più Trento e Bolzano. Ma il problema era il carattere di Renzi, ovvio. E finalmente oggi, senza di lui, tutti felici per il secondo posto in Basilicata: felici e perdenti».

Dei risultati si parlerà stamattina nella prima Direzione Pd della gestione Zingaretti. Con i renziani vicini a Roberto Giachetti a fare il controcanto alla narrazione trionfalistica della nuova segreteria e la maggioranza a spiegare che, tolto di mezzo l'ingombrante ex premier, si può finalmente risalire.

E a lanciare la nuova politica di alleanze, con chi non è ancora ben chiaro: anche gli scissionisti di Mdp (che sperano di farsi regalare almeno un eletto dal Pd) in Basilicata hanno preso una bella sberla. E Lorenzo Guerini, pur premettendo «niente polemiche» su un risultato che era già scontato, avverte: «Non bisogna lasciare i ceti moderati produttivi a Salvini, guardando solo a sinistra».

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