Il voto di ieri nelle due aule parlamentari, con Forza Italia e verdiniani compatti a sostegno del governo Gentiloni sulla questione banche, dimostra che le trincee per non andare a votare sono già scavate, e parecchio affollate.
Un ostacolo non da poco sulla strada di Matteo Renzi, che allo stato è l'unico leader politico a puntare con chiarezza ad elezioni anticipate, visto che Silvio Berlusconi e Beppe Grillo (il cui partito, dopo i notevoli exploit della sindaca Raggi, perde consensi in tutti i sondaggi) non le vogliono neanche dipinte. L'ex premier Pd, che ieri è tornato a Roma e ha riunito segretari regionali e provinciali del suo partito, ha sottolineato con i suoi questa anomalia: «Quelli che hanno vinto il referendum con il 60%, cavalcando il No, il giorno dopo sono terrorizzati dalle urne: strano, no?», ragiona uno dei dirigenti Pd che ha partecipato alla riunione. Alla fine, l'unico partito che non ha alcuna paura di affrontare il voto - forte di un 40% tutto suo - siamo noi, ha fatto notare Renzi, registrando un consenso pressoché unanime dai dirigenti Pd sul territorio. «Nel referendum, paradossalmente, c'è la conferma che siamo il primo partito nel Paese. Nella sconfitta individuiamo un elemento di ripartenza», ragiona il segretario toscano Dario Parrini.
Sa bene, Renzi, che il nemico più insidioso sul cammino verso le elezioni in primavera (aprile resta la sua scadenza preferita) non sta né al Quirinale né a Palazzo Chigi. L'intesa con Paolo Gentiloni è totale, e le parole di Sergio Mattarella vengono lette al Nazareno come un via libera al voto appena ci sarà una nuova legge elettorale: «Ci troviamo nella fase conclusiva della legislatura, con un orizzonte di elezioni», ha detto con chiarezza il presidente della Repubblica. Facendo intendere che non sarà certo lui a mettersi di traverso, una volta che ci sia una legge che permetta «esiti chiari» dalle urne.
Ed è proprio sulla legge elettorale che si scatenerà la resistenza delle altre forze politiche: «Faranno melina per impedire che ne venga approvata una», teme il leader Pd. Che però ha spiegato ai suoi che «se pensano di infinocchiarmi facendo partire una trattativa sfinente con l'obiettivo di arrivare al 2018, si sbagliano». Per questo, prima di andare a vedere i possibili numeri in Parlamento sul Mattarellum, il Pd vuole attendere la sentenza della Corte Costituzionale sull'Italicum: se gli altri partiti si metteranno di traverso sul Mattarellum, «Renzi è pronto a prendersi anche la legge che uscirà dalla Consulta, facendo una rapida modifica in Parlamento per rendere omogenei i sistemi di Camera e Senato, per poi votare con quello», spiega uno dei partecipanti alla riunione di ieri al Nazareno.
La minoranza Pd è pronta a fare sponda con Berlusconi per impedire che si approvi il Mattarellum. Bersani e Speranza non vogliono elezioni anticipate con Renzi in sella a fare le liste: senza un nuovo congresso, e con pezzi consistenti della ex minoranza ormai schierati con Renzi (come l'ex bersaniano Martina) o in rotta di collisione con loro come Cuperlo, la possibilità di ottenere più di una manciata di candidature è zero.
E i segretari regionali e provinciali del Pd ieri hanno dato voce alla insofferenza generale del partito nei loro confronti: «Sulla questione Jobs Act stanno giocando sporco: lanciano ultimatum contro i voucher, dimenticando che ad introdurli sono stati proprio loro, con i governi Monti e Letta e la segreteria Bersani», è stata una delle accuse ricorrenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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