Stretta di Bankitalia sulle coop per salvare 1,3 milioni di soci

Dopo il crac di due istituti friulani Visco vuole "rafforzare i presidi normativi e patrimoniali". Tutti appesi alla speranza di un assist del governo dove siede Poletti, l'ex gran capo di Legacoop

Stretta di Bankitalia sulle coop  per salvare 1,3 milioni di soci

Dopo il crac delle due Coop friulane, Coop Operaie Trieste e Coop Carnica, con 20mila soci prestatori, Bankitalia tenta di correre ai ripari. L'istituto centrale governato da Ignazio Visco sta infatti preparando una stretta sul cosiddetto prestito sociale: sono circa 1,3 milioni gli italiani che hanno depositato oltre 15 miliardi nei libretti delle Coop. Di questi, undici sono stati raccolti dai colossi del consumo, ovvero i supermercati. L'obiettivo, come si legge nel testo sottoposto a consultazione, è quello di «rafforzare i presidi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori» per porre rimedio a problemi emersi «in alcuni episodi di crisi d'impresa». In teoria, alle coop è proibito effettuare raccolta rimborsabile a «vista» (ovvero su richiesta del depositante come in una banca) ma nella pratica questo viene presentato con modalità commerciali che «possono ingenerare nel pubblico l'idea di una sostanziale equiparazione» a quella bancaria. Bankitalia sottolinea, inoltre, i vantaggi fiscali nonché competitivi rispetto al risparmio delle banche, sempre più oberate da costi e obblighi crescenti come quelli europei sul fondo di risoluzione (attivato nei giorni scorsi con un decreto del governo Renzi per salvare le quattro «malate» del sistema). C'è anche un altro costo che le Coop non hanno. Il settore difetta di uno schema di garanzia obbligatorio del risparmio come le banche (che lo alimentano con i propri fondi), elemento che appunto spinge l'istituto centrale a suggerire l'adozione di un meccanismo di protezione. In particolare, la garanzia acquisita in caso di superamento dei prestiti sociali della soglia di tre volte il patrimonio, deve «possedere caratteristiche che ne assicurino l'efficacia» per contrastare «comportamenti elusivi», anche a fronte di bilanci non sempre accessibili al pubblico. Dal canto loro, le cooperative si dichiarano pronte a valutare il contributo da fornire «partendo però dal presupposto inconfutabile dell'assoluta specificità dell'istituto del prestito sociale, che è a tutti gli effetti un'espressione del rapporto di mutualità tra il socio e la cooperativa». Le protagoniste del settore - che sperano in qualche assist del governo dove siede Giuliano Poletti, ex gran capo della Legacoop e oggi ministro del Lavoro - sono intanto impegnate a fare la rivoluzione: nell'ottobre scorso, i tre colossi della grande distribuzione a marchio Coop (Adriatica, Estense e Nordest) hanno, infatti, unito le forze per creare la più grande cooperativa di consumo d'Europa che sarà operativa dal primo gennaio e punta a sviluppare nuovi affari. Dalle librerie, ai distributori di benzina, passando per gli immobili e - appunto - i circa 4,5 miliardi ricevuti dai soci.

Su questo capitale usato dalle coop per la loro attività non vigila Bankitalia ma un'autorità indipendente che - si legge nello statuto della nuova Alleanza - «è un ente collegiale composto da persone nominate dalla direzione di Legacoop nazionale, su proposta della presidenza» e che, su richiesta della Lega «può svolgere verifiche dirette». Un'autocertificazione, insomma. Chissà se a Visco basterà.

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