di Andrea Cuomo
H a sedici anni e la faccia tonda e pacioccona di una che ha la Barbie suffragetta in valigia. Ma lei a giocare non ci sta. E si incacchia con quelli che lo fanno, usando come posta il futuro del nostro pianeta. L'unico che abbiamo. Praticamente un all in.
Greta Thunberg ha quella faccia un po' così, da compagna secchiona che non ti passa i compiti. Da settimane stalkerizza i grandi della Terra per ricordare loro che devono sbrigarsi a occuparsi dei temi ambientali. Per dare forza alla sua protesta si è inventata uno strumento che un tempo era un mezzuccio da ultimo della classe: lo sciopero della scuola, che lei ha ribattezzato «Skolstrejk för Klimatet» (che significa quella roba là). Ha iniziato sedendosi ogni venerdì davanti al Parlamento di Stoccolma per invocare un cambio di rotta sul cambiamento climatico, e magari quel giorno c'era educazione fisica e storia dell'arte. Poi qualcuno si è accorto di lei ed è diventata una star. Così tutte le volte che serve lei bigia la scuola e va a rompere le scatole ai potenti. Lo ha fatto qualche giorno prima di Natale in Polonia, quando salì sul palco per parlare al mondo nel corso di un incontro Onu sul clima. Ciò che l'aveva trasformata in Barbie eroina.
Ieri, per dire, Greta la secchiona assenteista era a Bruxelles a farsi una chiacchierata con il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker. La ragazzina terribile ha anche tenuto una conferenza in cui ha lanciato un terribile anatema agli euroburocrati: «Se non contrasterete il cambiamento climatico, sarete ricordati come i più grandi malfattori di tutti i tempi». Le sue condizioni? Queste: «Se l'Ue deve dare il suo contributo equo per restare nell'obiettivo del limite di due gradi dell'accordo sul clima di Parigi, significa un minimo dell'80 per cento di riduzione entro il 2030». Che è «circa il doppio dell'obiettivo della proposta attuale», visto che secondo l'accordo sul clima di Parigi per limitare il riscaldamento globale a meno di 2 gradi gli Stati dell'Ue hanno promesso di tagliare le emissioni di gas serra di almeno il 40 per cento entro il 2030 rispetto al 1990 e che ora i leader europei stanno discutendo di ritoccare quell'obiettivo al 45.
Vota Greta, vota Greta. Non la tocca piano, lei. E per questo è diventata l'unica icona ambientalista praticabile per una sinistra afona, incapace di tirare su uno slogan che sia efficace un decimo della predica di un'adolescente scandinava che dice come se avesse una saggezza decennale nel curriculum cose come: «Tutto quello che resterà sarà il più grande fallimento della storia». Lo smascheramento di un epic fail politico e generazionale. Lei fa quello che i partiti ambientalisti e gli adulti in genere non fanno. Visto che non ci salvate voi ci salviamo da soli.
Greta ha anche i suoi seguaci. Potremmo chiamarli «gretini» ma forse è meglio di no. Sono gli studenti di tutta Europa (e del mondo, se è per questo) che seguendo il suo esempio hanno iniziato a saltare le lezioni a Londra, a Bruxelles, a Berlino, all'Aia, a Sydney. Povero un mondo che ha bisogno di capipopolo minorenni. Ma almeno Greta c'è. Libretto di giustificazioni alla mano.
Strana la storia di questa ragazzina severa, figlia di una cantante d'opera che si è esibita all'Eurofestival del 2009 (si chiama Malena Emman e arrivò quinta) e di un attore, Svante Thunberg, che si chiama come un avo che vinse il Nobel per delle ricerche sull'ossido di carbonio.
Lei, Greta, per il momento ha una vita specchiata: odia gli hotel di lusso, viaggia in treno anche quando Ryanair sarebbe più economico, veste come una mormone e a casa ha l'orto bio in cui coltiva le sue zucchine. Su di lei hanno già messo gli occhi gli ambientalisti di regime, ma dio ci salvi Barbie contadina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.