Coronavirus

Gli studi che assolvono i bimbi: "Sì alle scuole, non sono untori"

"Lancet": hanno pochi sintomi e sono meno contagiosi. Tenere i più piccoli a casa ha ridotto le morti solo del 3%

Gli studi che assolvono i bimbi: "Sì alle scuole, non sono untori"

I bambini non sono untori, anzi. Hanno una bassissima capacità di contagio. Quindi la decisione di chiudere le scuole e di riaprirle a singhiozzo forse non ha poi tutto questo senso. La scienza scagiona i più piccoli e dà una svegliata alle istituzioni, incitandole a leggere gli ultimi studi prima di prendere altri provvedimenti drastici. «Scienziati e colleghi del comitato tecnico scientifico, leggete i dati» sprona il virologo della Emory University di Atlanta, Guido Silvestri che, nelle sue «Pillole di ottimismo» su Facebook, parla degli studi raccolti da Sara Gandini, direttore di ricerca Semm (School of Molecular Medicine) e Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano, esperta di epidemiologia e statistica.

Già sappiamo che i bambini tendono ad avere una malattia più lieve rispetto agli adulti e spesso nessun sintomo. Raramente il contagio parte da loro. «Una delle possibili spiegazioni - spiega Gandini - è che il Covid si trasmette attraverso starnuti, tosse, stretto contatto e toccando con le mani contaminate bocca, naso o occhi. Poiché i bambini hanno meno sintomi, come tosse e starnuti, rispetto agli adulti, questo comporta probabilmente una minore trasmissibilità».

La letteratura medica raccolta finora dimostra in tutte le salse che non ci sono casi di trasmissione da bambino a bambino o da bambino ad adulto. E se ci sono, sono molto rari. Lo scrive il Lancet, lo sostengono numerosi studi cinesi e australiani. «Tutta questa evidenza scientifica - spiega l'epidemiologa - supporta l'ipotesi che anche se ci sono bambini asintomatici che frequentano le scuole, è improbabile che diffondano il contagio».

La chiusura elle scuole al massimo ha impedito il 2-4% dei decessi, molto meno di altri interventi di distanziamento sociale. I dati provenienti da Corea del Sud e successivamente Islanda, che hanno effettuato test su vasta scala nella popolazione, hanno confermato un numero significativamente ridotto di positivi a Covid nei bambini.

Questo stesso risultato è stato rilevato anche nella città italiana di Vo Euganeo, dove si è effettuato uno screening del 70% della popolazione, non trovando nessun bambino con età inferiore a 10 anni positivo, nonostante un tasso di positività del 2,6% nella popolazione generale.

«In tre quarti dei bambini contagiati da Covid-19 il virus ha pochissimo effetto: sono asintomatici o con pochi sintomi» dimostra anche uno studio appena concluso, e coordinato dall'Irccs materno infantile «Burlo Garofolo», in 28 centri (prevalentemente ospedali) di 10 regioni in Italia durante le prime settimane della pandemia. Il lavoro ha analizzato 130 bambini con accertata infezione da Covid-19, 67 dei quali (51,5%) avevano un parente infetto e 34 dei quali (26,2%) erano affetti da altre malattie che nella gran parte dei casi erano patologie croniche di tipo respiratorio, cardiaco o neuromuscolare. La ricerca, che sarà pubblicata a breve sull'European Journal of Pediatrics, una delle più prestigiose riviste internazionali di settore, conferma che la malattia ha uno scarso impatto in età pediatrica.

Eppure la politica ancora non ci sente. La sottosegretaria all'Istruzione Anna Ascani proprio ieri ha dichiarato che «la didattica a distanza ha tamponato l'emergenza». E ancora non è chiaro come riaprire le scuole a settembre, cercando si sfasare gli orari di ingresso e di uscita. A quanto sostiene la scienza però le misure sono più utili a non fare assembrare i genitori al portone d'uscita.

Lasciare i compagni di classe seduti allo stesso banco non comporterebbe particolari rischi.

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