Un taglio di capelli diventato un mistero, anche a cinque anni di distanza.
È il pomeriggio di una calda giornata di luglio del 2018 quando una ragazza entra nel negozio di un parrucchiere amico di famiglia a Milano per farsi tagliare i capelli. Nel salone, però, accade qualcosa di strano. Secondo il racconto della giovane, l'uomo abbassa la saracinesca del locale e, dopo averle tagliato i capelli, comincia a palpeggiarla, svestendola e abusando di lei. La ragazza non reagisce, per sua stessa ammissione rimane incredula e terrorizzata sin dall'inizio degli approcci dell'uomo, tiene gli occhi chiusi e non riesce a urlare e ribellarsi, asseconda solo meccanicamente l'uomo. Solo dopo, apparsa scossa a un'amica, la giovane riferisce di essere stata stuprata. Proprio l'insolita dinamica diventa un nodo nel processo che ha visto il parrucchiere imputato a Cremona. Lui ha sempre ammesso di aver fatto sesso con la ragazza, assicurando però che lei era consenziente. E ha offerto un risarcimento di 10mila euro per chiudere la vicenda, che però si è trascinata in tribunale per cinque anni, durante i quali il pubblico ministero ha proposto per ben due volte l'archiviazione per l'uomo.
La prima volta perché non c'era stata violenza o minaccia da parte dell'imputato (basandosi sul presupposto che la mancata reazione della ragazza deponesse per la consensualità dei loro atti sessuali), la seconda (dopo un supplemento di indagine richiesto dal gip) in base a una perizia che escludeva patologie psichiche tali da incidere sulla capacità reattiva della vittima. Archiviazione respinta ancora una volta, però. E ora arriva la sentenza di primo grado, che ha finito per condannare il negoziante a 4 anni di reclusione (senza attenuanti), 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e un anno di sospensione dal proprio mestiere, oltre al pagamento di 10mila euro di provvisionale sul futuro risarcimento in sede civile alla parte offesa. Nelle motivazioni la giudice Giulia Masci sottolinea come «la condizione di inferiorità fisica e psichica prescinda da uno stato patologico di carattere organico e dunque non si ricolleghi automaticamente a deficienze psichiche, ma possa dipendere da situazioni ambientali o fattori traumatici (compresi quelli derivanti dal limitato processo evolutivo mentale e culturale della persona offesa) tali da impedirle di respingere efficacemente gli atti sessuali dell'agente e di esprimere un valido consenso». Uno choc, insomma, tale da condurre a una paralisi emotiva che impedì alla ragazza di reagire. Non solo, per la giudice le condizioni di inferiorità nella giovane si sarebbero prodotte nel momento in cui l'uomo «approfittò dello stato dei luoghi, del rapporto di pregressa conoscenza, delle oggettive immaturità sessuale e ingenuità della giovanissima ragazza, subdolamente contando sul sicuro imbarazzo e vergogna che lei avrebbe provato a fronte di un approccio sessuale proveniente da un conoscente».
Ma nel frattempo ancora fa discutere la richiesta di archiviazione per un 32enne, indagato per violenza sessuale su una 27enne alla quale
aveva dato un passaggio di notte. Anche in quel caso, a detta della ragazza, non era stata costretta ai rapporti sessuali e il ragazzo poteva aver «frainteso il silenzio della ragazza per l'ora tarda e per la stanchezza».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.