E se, nel più rocambolesco dei rovesci della medaglia, Beppe Grillo fosse l'elemento stabilizzatore, il garante dell'equilibrio di governo, e Giuseppe Conte la scheggia impazzita, la mina pronta a esplodere contro Palazzo Chigi? Questa è una delle tante domande che affollano la truppa grillina nel momento più difficile della travagliata storia del M5s. I pentastellati che rispondono affermativamente all'interrogativo di cui sopra - e sono tantissimi - già parlano del «Papeete di Conte». Una tentazione, anticipata dal Giornale nelle scorse settimane, che vedrebbe l'ex premier vestire i panni dell'uomo che rompe lo schema della maggioranza che sostiene Mario Draghi. Da qui la necessità dell'intervento a gamba tesa del fondatore. La calata a Roma per mettere ordine nella sua creatura, il tackle che ha stoppato sul nascere l'offensiva anti-governativa dell'ex avvocato del popolo italiano. Dietro lo show di giovedì non ci sono solo lo Statuto e la comunicazione di Rocco Casalino. Ma anche l'urgenza di non regalare al centrodestra l'ex governatore della Bce. Preoccupazione condivisa dal Pd di Enrico Letta, che ancora una volta ha sentito l'esigenza di ribadire che «Draghi sarà premier fino al 2023». «Su Draghi ci ho messo io la faccia», ha confidato Grillo ai suoi prima di partire per la Capitale e rimettere in riga il giurista di Volturara Appula. Non per niente l'Elevato aveva scelto di presentarsi alle consultazioni con il premier. «Un grillino», «il supremo» aveva detto Grillo uscendo dal colloquio con l'allora presidente del Consiglio incaricato. «Beppe è quello che mette il punto, lui ha deciso di appoggiare Draghi», spiega al Giornale un parlamentare di lungo corso del Movimento.
Un rischio calcolato, quello che si è preso Grillo mettendo in pericolo l'unità dei Cinque Stelle. Anche perché il M5s si frantumerebbe comunque, pure nel caso Conte decidesse di far ballare la rumba a Draghi. Complice l'arrivo del caldo e le spiagge che iniziano a riempirsi, inevitabile che qualcuno si sia ricordato del «Papeete» di Matteo Salvini. Quando il leader leghista, da Milano Marittima, archiviò l'esperienza gialloverde sotto il sole di agosto. Dunque meglio prevenire che curare, ha pensato Grillo prima di precipitarsi a Montecitorio. Così il comico ha messo in scena il contrappasso. Il tribuno arruffato venuto dai palchi dello spettacolo è diventato il nume tutelare della stabilità, l'avvocato pugliese compassato e azzimato si è trasformato in un bambino discolo al quale vanno tirate le orecchie.
In Parlamento raccontano che Alfonso Bonafede era incredulo e molto disorientato dopo aver ascoltato le parole pronunciate da Grillo nell'auletta dei gruppi della Camera. Proprio l'ex Guardasigilli è uno di quei big pronti a spingere per la resa dei conti con Draghi. Con lui Paola Taverna e il capogruppo al Senato Ettore Licheri, che venerdì si sono riuniti a casa di Conte per mettere a punto la contraerea alle bordate del Garante. Il quadro dei destabilizzatori è completato dal Fatto Quotidiano di Marco Travaglio e dall'ex portavoce Casalino. Più moderato, ma comunque fedele a Conte, è Stefano Patuanelli. «Hanno dovuto convincere Patuanelli a fare il ministro con Draghi, non voleva assolutamente entrare nel governo», rivela una fonte parlamentare grillina. Caldo anche il capitolo della comunicazione. Come ha raccontato ieri Jacopo Iacoboni su La Stampa, la situazione è precipitata quando Grillo ha imposto la cantautrice romana Nina Monti a capo della comunicazione del M5s, ridimensionando Casalino, fedelissimo dell'ex premier.
La Monti è da tenere d'occhio perché è diventata un personaggio centrale nel mondo di Grillo. Tanto che è stata lei ad accompagnarlo in macchina davanti all'ambasciata cinese lo scorso 11 giugno, in occasione dell'ultimo incontro del Garante con Li Junhua, capo della diplomazia di Pechino in Italia.
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