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Suicidi dietro le sbarre

Un detenuto si impicca in cella a Latina, è il 17esimo caso dall'inizio dell'anno. I penalisti: "Servono amnistia e indulto". Nordio: "Interventi contro disagi psichici"

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Si è impiccato nel bagno della sua cella, a 36 anni. Un detenuto indiano, in attesa di primo giudizio per reati a sfondo sessuale, si è suicidato nella Casa Circondariale di Latina. È il 17esimo caso dall'inizio dell'anno. È già capitato a Poggioreale (Napoli), a Cuneo, ad Ancona, a Verona, a Caserta. Sempre nello stesso modo. E non si tratta di detenuti condannati all'ergastolo, senza la minima speranza di uscire dal carcere. Anzi, ad alcuni mancavano pochi mesi a scontare la pena.

Se si pensa che l'anno scorso i suicidi in carcere sono stati 69 e nel 2022 sono arrivati a 84, non è esagerato parlare di emergenza. O forse di fallimento di tutti: di chi deve gestire la sicurezza, il recupero sociale, il diritto alla dignità anche quando si ha alle spalle un reato molto grave.

Nelle carceri si sta male anche in Italia, dentro e fuori la cella. Nel pietoso elenco dei suicidi di quest'anno c'è anche quello di un agente della polizia penitenziaria. Negli ultimi 20 anni sono stati più di 100 le storie simili di suoi colleghi. E poi ci sono i tentati suicidi, i casi (in aumento) di autolesionismo, gli abusi, come il caso del detenuto torturato da agenti della polizia penitenziaria nel carcere di Reggio Emilia, per cui risultano indagate una decina di guardie.

«Quanto sta avvenendo nelle carceri, con suicidi, omicidi, risse, rivolte, aggressioni alla Polizia penitenziaria, traffici illeciti non può lasciare indifferenti e, soprattutto, non si può considerare ordinario. Dunque, non è arginabile con strumenti ordinari» accusa Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria denunciando «un'emergenza senza precedenti negli ultimi 30 anni». «Neppure il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo, ascoltato mercoledì scorso dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha potuto indicare soluzioni concrete e immediate dopo aver ammesso le oggettive difficoltà del sistema».

Uno dei problemi più grossi (da sempre) è il sovraffollamento delle celle: in base al rapporto dell'associazione Antigone le persone detenute hanno superato la soglia dei 60mila appena un paio di mesi fa. Ma i posti disponibili sono 48mila. Il tasso di affollamento è di oltre il 125%.

«Non possiamo continuare ad assistere inermi a questa carneficina commenta Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato di polizia penitenziaria perché sono sempre i detenuti con fragilità a essere destinati a una brutta fine. Queste persone sono abbandonate a se stesse, serve un intervento del governo».

Che fare? Il segretario dell'Unione delle Camere penali italiane, Rinaldo Romanelli, intervenendo all'inaugurazione dell'anno giudiziario degli avvocati penalisti, ha chiesto «con forza un provvedimento di amnistia e indulto». Ben consapevole del problema anche il ministro alla Giustizia Carlo Nordio che, nel suo intervento alla Camera di tre settimane fa, ha ammesso: «Tutto questo è intollerabile in un Paese civile. Ma - ha rilevato - pur non essendo una buona notizia, è per lo meno incoraggiante rilevare che i suicidi sono diminuiti del 15% rispetto al 2022. Il problema è che nelle carceri si sono sedimentate nei decenni situazioni di disagio psicologico e psichiatrico. Stiamo provvedendo ad alleviare e prevenire queste situazioni: abbiamo fatto assunzioni e accordi con le Regioni. Sono convinto che se avessimo più spazi, più possibilità di lavoro e più possibilità di attività sportive, molti cadi di disagio estremo sarebbero evitati».

Ma perchè i risultati siano evidenti ci vuole tempo.

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