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Caso Soumahoro, sul ghetto di San Severo regna l'omertà

Le autorità negano di conoscere il politico che organizzò la Lega braccianti

Caso Soumahoro, sul ghetto di San Severo regna l'omertà Esclusiva

Silenzio, omertà e indifferenza: questo è ciò che abbiamo trovato a Foggia riguardo la tremenda situazione del Gran Ghetto di Rignano a Torretta Antonacci. Ettari di terreno occupati da baracche dove vivono circa 2500 persone, con solo una piccola parte - la foresteria, dove sono presenti i container - gestita ora dall'associazione Anolf che cerca di fare il possibile in una parte di mondo dimenticata da tutti.

«Chi è Soumahoro?», ci hanno risposto esponenti delle autorità foggiane alla nostra domanda su eventuali interventi, passati e presenti. Perché se è vero che solo adesso l'Onorevole è nel ciclone sul fronte dell'inchiesta sulle coop di famiglia, è anche vero che la situazione a Foggia - dove è invece coinvolto personalmente almeno sul piano politico - va avanti da anni nel silenzio di tutti.

All'inizio della strada che porta alla baraccopoli, in località San Severo, sono presenti infatti costantemente due pattuglie della polizia che però non intervengono direttamente nel ghetto e glissano, senza darci nessuna risposta precisa su di chi è competenza il controllo di quella impenetrabile zona autogestita.

L'operato delle due volanti sembrerebbe limitarsi nell'allontanamento di eventuali turisti o curiosi, lasciando il ghetto lontano da sguardi indiscreti. È noto da sempre che all'interno di quella realtà lo scontro tra «clan», guidati da sindacati e associazioni, sia al centro dei numerosi reati e traffici illeciti. Insieme alla Lega Braccianti opera infatti Usb, che ha visto nascere Soumahoro per poi dividersi quando l'ora deputato ha dato vita, nel 2020, alla sua associazione. «Lega Braccianti e Usb sono i caporali qui. Gli uomini di Soumahoro insieme a quelli del sindacato ogni mattina ci chiedono i soldi per portarci a lavoro», raccontano i braccianti. «Lo chiamano taxi e se non paghi non lavori», spiega un altro bracciante. Il business dietro a questa pratica - che caporalato altro non è - sembrerebbe infatti portare nelle tasche dei gruppi ingenti somme. I «taxi» di cui parlano i braccianti sono semplicemente macchine che «operano per conto di Usb e degli uomini di Soumahoro» nel trasporto dei lavoratori, portandoli «dal padrone bianco». La cifra chiesta si aggira intorno ai 5 euro per ogni bracciante, ogni giorno.

Abbiamo potuto vedere con i nostri occhi - e documentato - le centinaia di macchine presenti nel ghetto, «la maggior parte, se non tutte, rubate» - ci spiegano dall'associazione - e tutte senza assicurazione, che trasportano fino a 6 braccianti. «Sono mesi che Soumahoro ci ha promesso un pullman per portarci a lavoro ma non è mai arrivato e i suoi uomini continuano a chiederci soldi», ci racconta un lavoratore che ammette di non avere ogni giorno i soldi necessari e, di conseguenza, non poter lavorare.

Su questa situazione, come su molte altre riportate dai braccianti, come il giro di prostituzione gestito dalla «donna, tra le pochissime presenti del ghetto, fedelissima a Soumahoro» - ci spiega un ex affezionato dell'Onorevole - le risposte da parte dei piani alti sembrerebbero quasi inesistenti. Le segnalazioni, come le molte denunce fatte, sembrerebbero ferme e non approfondite.

L'ultima operazione, racconta la Procura Foggia, risulta infatti quella che ha visto arrestare un solo caporale dopo due anni di indagini.

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