«Fanno annunci di destra ma poi presentano riforme di sinistra. No, così proprio non va». Che Silvio Berlusconi abbia scelto da tempo la strada dell'opposizione «responsabile» non è certo un mistero, così come sia convinto che se davvero il governo Renzi dovesse arrivare al capolinea l'alternativa più probabile di qui al 2015 sarebbe quella di un esecutivo tecnico eterodiretto dalla troika (Fmi, Bce e Ue). Per l'Italia, insomma, una sventura da evitare. Eppure, nonostante il clima non sia quello delle barricate senza se e senza ma, nelle sue conversazioni private il leader di Fi non nasconde molte perplessità per una riforma «completamente svuotata» perché il testo non conterrà il riferimento esplicito alla reintegrazione in caso di licenziamento e sulla quale Matteo Renzi avrebbe posto la fiducia solo per mettere a tacere le scontro nel Pd. Insomma, chiosa l'ex premier al telefono con un deputato azzurro, «fatti loro» e niente altro.
L'input che arriva da Arcore dove Berlusconi pare rimarrà tutta la settimana è dunque quello di non fare sconti alla maggioranza. Tanto che sin dalla prima mattina Fi fa mancare il numero legale per fare ostruzionismo. «Eravamo in aula, ma spiega il capogruppo azzurro al Senato Paolo Romani ho dato indicazione di non votare il numero legale». Un segnale in vista del voto di fiducia di oggi, quando Forza Italia si schiererà contro la riforma. Lo dice chiaro Giovanni Toti, eurodeputato e consigliere politico di Berlusconi. «Renzi mette la fiducia sul Jobs Act scrive su Twitter per risolvere le grane del Pd e questo non si fa #noinonvotiamo». Molto critica anche Deborah Bergamini, perché dice quando «ci sono punti d'intesa con troppi soggetti diversi alla fine di sorprendente c'è solo il pasticcio che ne esce fuori». E sulla stessa linea sono i vicecapigruppo vicari di Camera e Senato, Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini, mentre Augusto Minzolini fa sapere di essere «assolutamente contrario», tanto da «andare a votare contro anche con le stampelle» (che, causa incidente, lo accompagnano da qualche tempo). Guarda più in là, invece, Laura Ravetto che si chiede se davvero «il governo Renzi può andare avanti così» visto che con la fronda Pd in agitazione i numeri del Senato iniziano a essere piuttosto risicati.
Jobs Act a parte, anche ieri Berlusconi ha dedicato la giornata al partito, deciso com'è a rimettere mano a Forza Italia. Non è una novità, infatti, che l'ex premier tema che Renzi possa decidere di precipitare la situazione nel tentativo di tornare al voto già nella prossima primavera. E in questo caso il leader azzurro vuole farsi trovare pronto, con la macchina organizzativa già in fase di rodaggio. Ecco perché continua a insistere sul fatto di «finirla con i polveroni» (ragione per cui non è ancora in programma l'annunciata riunione congiunta dei gruppi parlamentari azzurri), invitando tutti a mostrarsi compatti a differenza proprio del Pd. Ed è forse anche per questo che sulla riforma del lavoro Forza Italia ha tenuto senza troppe incertezze una posizione netta, così da non dare pretesti a Raffaele Fitto (che ieri sera era a Ballarò nonostante l'invito ad evitare le ospitate tv). Sul fronte alleanze, invece, mano tesa alla Lega. In Calabria, infatti, è stata formalizzata la candidatura alla Regione di Wanda Ferro con l'auspicio che «le altre forze di centrodestra possano convergere». Un modo per forzare la mano al Ncd e strizzare l'occhio al Carroccio di Matteo Salvini che pone la pregiudiziale Alfano.
Ieri è stata anche l'occasione per una lunga
chiacchierata telefonica con Vladimir Putin. Il pretesto è stato il compleanno del presidente russo, con i due che si sono dati appuntamento a Milano per il 17 ottobre, quando Putin sarà nel capoluogo lombardo per il vertice Asem.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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