Il Pd è alle prese con tre passaggi cruciali: l'avvio del congresso, la definizione delle future alleanze e la scelta dei capigruppo di Camera e Senato. Tre partite incrociate tra loro, che indicheranno la rotta nel dopo Letta. Sul terreno della battaglia congressuale (giovedì c'è la direzione nazionale che apre le danze verso il congresso) si registra lo strappo tra il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini e quello campano Vincenzo De Luca. I due presidenti avevano un accordo: De Luca avrebbe dovuto garantire l'appoggio a Bonaccini in caso di candidatura alle primarie dem. L'intesa è saltata. Il motivo è la posizione assunta dal presidente dell'Emilia Romagna in favore della battaglia leghista per l'introduzione dell'autonomia differenziata. Il feeling tra Bonaccini e Zaia non è andato giù allo sceriffo salernitano che ha deciso di ritirare il sostegno al collega del Pd. L'autonomia differenziata è un tema spinoso, difficile da digerire da Roma in giù. Il presidente della Campania valuta altre opzioni in campo. Si segnala nelle ultime ore un avvicinamento tra De Luca e Francesco Boccia. Dal proprio canto, il governatore dell'Emilia è a un passo dall'annuncio della candidatura: «La classe dirigente va rinnovata nella sostanza, non per slogan: abbiamo donne e uomini nel partito dei territori, amministratrici e amministratori che hanno dimostrato sul campo di saper vincere. Smettiamola di tenerli in panchina», rilancia dal suo profilo Facebook.
La seconda partita si gioca sul campo delle alleanze. Una partita destinata a condizionare anche la scelta dei due capigruppo nella prossima legislatura. L'idea è di puntare su due profili graditi a Giuseppe Conte. L'obiettivo è chiaro: far rifiorire il campo largo sepolto dalla gestione Letta. I due nomi che avrebbero chance di riallacciare i fili del dialogo con i Cinque stelle sono Nicola Zingaretti alla Camera e Francesco Boccia al Senato. L'altra opzione è una reggenza con gli attuali Simona Malpezzi (Senato) e Debora Serracchiani (Camera) fino alla scelta del nuovo segretario del Pd. A Palazzo Madama l'ipotesi Boccia sembra però aver perso quota. I senatori bocciano il nome dell'ex ministro per gli Affari regionali. Si fa largo, invece, Cecilia D'Elia. A Montecitorio l'alternativa a Zingaretti sarebbe Peppe Provenzano, il numero due del Partito con una posizione filo-grillina. Si ragiona già anche sul nome del presidente del Copasir: il favorito in casa Pd è Enrico Borghi. Archiviato Letta, al Nazareno la priorità è ricostituire l'alleanza con i Cinque stelle per evitare una disfatta bis alle prossime elezioni regionali. Pericolo che Boccia evoca in modo lucido: «Io penso che sia assolutamente inevitabile l'alleanza con chi si rivede nel campo progressista, come il M5s, e con chi si vede alternativo alla destra. Farò di tutto per tenere insieme quelle forze politiche che credono nel campo largo, che c'è già in molte Regioni e in molte città che stiamo amministrando bene.
Nella Regione Lazio, probabilmente fra due mesi, si dovrà parlare della nuova campagna elettorale. Ci troveremo a dover discutere quali alleanze fare: il 25 settembre il campo largo nel Lazio ha raggiunto il 55%. Dobbiamo decidere se vincere o se regalare la Regione Lazio alla destra».
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