Sul Recovery fund sarà subito guerra con i neo presidenti

Finita la tregua con le Regioni che vogliono dire la loro su come spendere il tesoretto Ue

Sul Recovery fund sarà subito guerra con i neo presidenti

Le regioni si preparano a dare battaglia contro la gestione centralizzata del Recovery fund e a battere cassa, forti del voto delle elezioni regionali. La trattativa tra la Conferenza delle regioni e il governo sull'utilizzo dei 209 miliardi europei era stata sospesa alla vigilia delle elezioni, anche perché molte amministrazioni importanti erano interessate dal voto. Oggi che il quadro è chiaro le autonomie locali sono pronte a ripartire ponendo all'esecutivo una condizione chiara: partecipare alla programmazione dei piani finanziati dalle risorse Ue con un peso pari a quello dei ministeri. Decidere le priorità e cluster progettuali a fianco del governo centrale e abbandonare il ruolo di semplici esecutori.

Posizione bipartisan, nel senso che è condivisa da governatori di tutti gli schieramenti. Ma non apolitica perché strettamente legata alle elezioni regionali. Dopo il voto sarà difficile per il governo ignorare i governatori. In particolare quelli confermati e rafforzati dalle urne. Sicuramente Luca Zaia e Giovanni Toti. Ma anche i presidenti di Puglia e Campania Michele Emiliano e Vincenzo De Luca, esponenti della maggioranza.

Il governo è alle prese con una feroce selezione delle proposte dei ministeri. Ieri il viceministro dell'Economia Antonio Misiani ha confermato l'operazione di «sfoltimento» che dovrebbe portare un centinaio di proposte da sottoporre in gennaio alla Commissione europea. In realtà tra palazzo Chigi e il ministero dell'Economia si stanno riscrivendo di sana pianta tutte le proposte, anche alla luce delle linee guida della Commissione contenute nel rapporto annuale sulla crescita sostenibile.

Le regioni contano di fare pesare, oltre al voto fortemente «federalista» nel senso che dà ai singoli governatori un peso che non ha precedenti nella storia repubblicana, anche la consapevolezza di essere state determinati nella gestione della crisi da covid.

A giorni dovrebbe essere convocata una nuova riunione del Comitato interministeriale Comitato Interministeriale per gli Affari Europei e prima ancora della cabina di regia sul recovery. E lì si capirà l'atteggiamento dell'esecutivo.

Il ministero dell'Economia intanto è alle prese con una grana solo all'apparenza tecnica. Ieri il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e il Commissario Ue Paolo Gentiloni in una lettera indirizzata al ministro Paolo Gentiloni hanno sostenuto che la legge di Bilancio del 2021, dovrà tenere conto il più possibile del piano di riforme e investimenti previsto nel recovery fund.

A sollevare la questione nei giorni scorsi era stato Renato Brunetta di Forza Italia. Gualtieri aveva in qualche modo anticipato l'intenzione di inserire gli effetti finanziari delle misure del piano nella legge di Bilancio.

Ieri l'esecutivo europeo ha precisato che monitorerà con «particolare attenzione la qualità delle misure di bilancio», tenendo conto «della sostenibilità di Bilancio». Il Patto di stabilità non rientrerà in vigore prima del 2022. Ma non per questo Bruxelles rinuncerà alla vigilanza sulla prossima manovra.

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