«Alitalia pubblica? Il rischio è di creare un nuovo carrozzone di Stato». Marco Ponti, economista dei trasporti, in questi giorni è sotto i riflettori come presidente della commissione che ha individuato più costi che benefici nel completamento della Tav. Su quest'ultimo tema è in sintonia con il governo, su FS-Alitalia no, quasi a voler rivendicare la propria autonomia di pensiero. Gli chiediamo: qual è il suo giudizio sull'operazione annunciata?
«Sono molto perplesso guardando al passato. La garanzia dello Stato, grazie alla quale l'azienda non sarà lasciata fallire, crea irresponsabilità sui conti e sulla produttività dell'azienda. Mediobanca ha calcolato che i vari salvataggi di Alitalia sono costati ai contribuenti 8 miliardi».
Giudizio negativo, dunque.
«Sì, in base all'esperienza passata e alla logica dell'irresponsabilità del pubblico».
Vede sinergie tra la compagnia e le ferrovie, fra treno e aereo?
«No. Sinergie tecniche non ce ne sono, né basi o logiche industriali. Coordinare i voli con l'Alta velocità è un fatto commerciale e non ha bisogno di passare per la governance».
È l'unico caso al mondo di alleanza treno-aereo, vero?
«Così risulta anche a me. Non è l'unico caso invece di sussidi occulti alle compagnie aeree. In Europa chi è senza peccato...»
Il governo investirà denaro dei contribuenti.
«Per questi ultimi infatti è un rischio. Ma la questione è analoga a quella del prestito ponte: se si tratta cioè di soldi utili al risanamento e alla competitività. I miracoli non si possono escludere, ma il passato non suggerisce niente di buono. Bisogna anche vedere se le autorità consentiranno quello che appare un aiuto di Stato, anche se per il prestito ponte l'Europa finora ha chiuso un occhio».
Il disegno industriale, con una compagine societaria così variegata, le sembra credibile?
«Innanzitutto, quanto a modello industriale le Fs non c'entrano un bel niente. I soci chiave saranno Delta e easyJet, che hanno due specializzazioni diverse, sul lungo e sul breve raggio. Può darsi che due esperti con know how specifico possano fare bene. Aspettiamo il piano industriale».
Ma l'attuale Alitalia rischia di essere spaccata in due.
«Non soffrirei affatto. L'importante è che l'azienda dia buoni servizi agli utenti».
Giulio Andreotti diceva che il vero matto non è chi si crede Napoleone, ma chi pensa di risanare le Ferrovie. È stato smentito perché oggi il gruppo Fs è in utile...
«Alt! Fermo lì! Le Fs sono in utile dopo 7 miliardi di sussidi pubblici, quindi è un utile che non ha senso, si tratta di trasferimenti di denaro pubblico. Resta valido il giudizio di Andreotti, che pure non mi era simpatico».
Quindi il capitale che le Fs metteranno in Alitalia come si configura?
«Come aiuto di Stato, a meno che quel denaro non sia recuperato con gli utili».
Quali sono le sue previsioni?
«Faccio gli auguri alla compagnia, ma questa ricetta in passato non ha giovato».
Ci sono analogie tra la Tav e Fs-Alitalia?
«Per quest'ultima operazione c'è il rischio di perdere soldi pubblici, per la Tav è una certezza, secondo i miei conti. I progetti ferroviari, Tav compresa, sono pagati al 100% con denaro pubblico».
Lei viene accusato di parteggiare per la gomma rispetto al ferro, scelta per molti antistorica.
«Io non parteggio. Io faccio i conti. Il ferro per il bilancio statale è un passivo, la gomma rende 40 miliardi netti all'erario. Poi va considerato anche l'ambiente, ma i numeri sono quelli».
Ma da decenni il pensiero moderno ha sostenuto le ferrovie.
«Si è tassata la gomma e sussidiato il ferro, ma la ripartizione modale è rimasta invariata. È difficile spostare le merci da gomma a ferro perché oggi si trasportano merci a un alto tasso di valore aggiunto, che ha logiche diverse dal passato».
Oggi lei è considerato un economista di area 5 Stelle.
«Sicuramente no! Basta vedere che cosa ho scritto in passato anche sul programma dei grillini. E poi, mi chieda quanto sono pagato dal governo».
Quanto è pagato?
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