"Sull'azienda illogico accanimento. Le dosi di Anagni? Non è scandalo"

Il presidente d'Irbm: "Macché nascoste. Normale che le dosi vengano parcheggiate in attesa di test. Sbaglia chi non si fida"

"Sull'azienda illogico accanimento. Le dosi di Anagni? Non è scandalo"

Non sono giorni facili per i vertici di Astrazeneca. Prima il banco degli imputati di Ema sul rischio trombosi (e le verifiche tecnicamente ancora in corso sui casi sospetti), poi i risultati degli studi sul vaccino contestati da Anthony Fauci alla vigilia del pronunciamento della Food and drugs administration. E ora anche il mistero dei 29 milioni di dosi «nascoste» nei magazzini di Anagni. «Nascoste? Impensabile» è lapidario Piero Di Lorenzo, presidente dell'Irbm di Pomezia (Roma), che collabora con la multinazionale anglo-svedese effettuando i controlli di validazione dei lotti di vaccino prodotti all'estero.

Di Lorenzo, allora cosa ci fanno tutte quelle fiale nel Frusinate?

«Non è pensabile che la multinazionale non fosse al corrente che in tutta Europa i controlli sui movimenti delle dosi di vaccino sono particolarmente attenzionati e che abbia provato a nascondere un quantitativo così importante. AstraZeneca e, per quanto riguarda le procedure di lavoro, la società Catalent, mi sembra abbiano dato una risposta puntuale ed esaustiva».

Quindi lei che spiegazione dà a quel magazzino pieno di fiale destinate al Belgio?

«É del tutto normale che ristagnino le dosi. Una volta infialata, la dose sta ferma una ventina di giorni in attesa dei test batteriologici».

Molto rumore per nulla?

«Come sempre. È da tempo che sono parecchio perplesso sulla comunicazione nei confronti di Astrazeneca».

Mesi fa, prima che sperimentazione fosse conclusa, lei ci raccontava di aver già cominciato a produrre fiale negli stabilimenti di Pomezia. Che fine hanno fatto quelle dosi?

«In tutto avevamo prodotto 30-40mila dosi. Sono state utilizzate tutte per i test all'estero: in Brasile, in Sudafrica. Dopodichè abbiamo scelto di non fare produzione ma solo sperimentazione e controlli sulle fiale. Di fatto da noi arrivano i pacchi di vaccino e noi verifichiamo che ogni lotto sia uguale all'altro».

Cosa pensa della sorveglianza richiesta dal premier Draghi?

«Il presidente Draghi fa benissimo a porre in essere tutte le azioni più opportune per ottenere che il maggior numero di dosi arrivi in Italia, a cominciare dal pressing diplomatico sugli Stati nei quali si concentra la produzione. Ritengo però che siano assolutamente lineari le azioni rivolte alla distribuzione delle dosi di vaccino anti-Covid poste in essere da AstraZeneca».

Però sembra che paghiamo il prezzo di contratti mal stipulati a loro tempo. Il ministro inglese sostiene che la Gran Bretagna ha avuto un contratto in esclusiva con Astrazeneca, mentre Bruxelles un accordo basato sui «migliori sforzi». Come a dire che l'Ue si è presa gli avanzi.

«Non mi metto certo a fare il controcanto a un ministro inglese e quindi non mi pronuncio».

Il nuovo studio dell'azienda parla di un'efficacia più alta sugli over 65, dall'80 all'85%.

«Ma vedrà, i giornali ne parleranno solo in un trafiletto».

Cosa vuol dire?

«Su Astrazeneca c'è un accanimento ormai evidente, dovuto a un forte nazionalismo mediatico estero che ha probabilmente visto un elemento antipatico nel fatto che Astrazeneca rinunciasse agli utili sul vaccino».

Fatto sta che la gente ha perso fiducia nel vostro vaccino. Come recuperarla?

«La sfiducia e la

paura sono stati due atteggiamenti assolutamente normali, dopo tutto quello che è stato raccontato. Però io penso che la gente sia molto più intelligente rispetto a quello che si voglia far credere. E saprà valutare i fatti».

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