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Sulle riforme è rischio palude Ma il premier ora fa il bullo

Il presidente del Consiglio si rende conto che la legge sul Senato prevista prima dell'estate rischia di saltare senza i voti di Forza Italia

Sulle riforme è rischio palude Ma il premier ora fa il bullo

Chiusa la partita del Quirinale, a Palazzo Chigi si prevedono alcuni mesi di navigazione ragionevolmente tranquilla nelle aule parlamentari. Senza neppure la necessità di «campagne acquisti» che infatti, spiegano, non sono affatto in corso.

Ma verso la tarda primavera, e le bellicose esternazioni di Silvio Berlusconi ieri rafforzano il presagio, per il governo Renzi potrebbe arrivare il redde rationem. La seconda lettura della riforma del Senato dovrebbe iniziare a maggio a Palazzo Madama. E se davvero Forza Italia si sfilasse tirandosi dietro un pezzo di Ncd, come ha lasciato intendere il Cavaliere parlando di riforme «non urgenti» e di potenziali «derive autoritarie», il caposaldo del disegno renziano potrebbe saltare. «Berlusconi che parla di derive autoritarie è quasi commovente», replica piccata la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani. Mentre Lorenzo Guerini accusa di «incoerenza» il Cavaliere. «Mi auguro - aggiunge - che Fi recuperi l'intelligenza politica necessaria, ma sia chiaro che noi andiamo avanti lo stesso».

È quello l'orizzonte che preoccupa Renzi, e che lo porta ad alzare il tiro su Berlusconi (vedi emendamento sulle frequenze tv) con l'intento di spingerlo a rientrare nel «Patto». Una preoccupazione dissimulata, ma presente nonostante l'ostentazione di sicurezza che fa ad esempio il ministro Boschi: «Spero in un ripensamento di Berlusconi, ma i numeri per andare avanti ci sono».

Martedì ricomincia alla Camera l'esame della riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione, e la conclusione è prevista per sabato ma potrebbe slittare di qualche giorno a causa dei numerosissimi emendamenti delle opposizioni che puntano, Fi inclusa, a far saltare il voto finale. Sui numeri però a Montecitorio non c'è alcuna incertezza, la maggioranza è ampia e autosufficiente, in grado di rendere innocue anche le fronde interne della sinistra Pd. Nel frattempo inizierà in commissione Affari costituzionali il cammino dell'Italicum, per la terza e definitiva lettura. E dal Pd si guarda con qualche allarme al ruolo che potrebbe giocare, complicando le cose per Renzi, il presidente della commissione Francesco Paolo Sisto, che è di Forza Italia. Anche qui, però, c'è l'antidoto già pronto: a marzo infatti, chiusi i primi due anni di legislatura, si voterà di nuovo, per prassi, sui presidenti di tutte le commissioni parlamentari. E Forza Italia ne detiene diverse, inclusa quella di Sisto, sia alla Camera che al Senato: frutto della mancata vittoria del Pd e della inesistenza di una maggioranza a inizio legislatura. Oggi però una maggioranza c'è, e il Pd è in grado di riprendersele, se volesse. «Sisto dunque potrebbe pensarci due volte, prima di ostacolare la legge elettorale», ragionano nel Pd.

Di qui ad allora, però, la maggioranza dovrebbe tenere senza eccessivi problemi, e per questo le polemiche - anche interne al Pd - sulle «campagne acquisti» sono liquidate come pretestuose e infondate da Palazzo Chigi. Per ora, infatti, l'unico acquisto del Pd è stato quello del drappello di Scelta civica: un acquisto pronto da tempo, ma che è stato deciso di rinviare a dopo il voto per il Quirinale per fair play . Ma si tratta di parlamentari già in maggioranza e che spesso già facevano parte del Pd (Ichino, Lanzillotta, Maran, Susta).

Se la minoranza Pd si inalbera, con Bersani che denuncia «spostamenti opportunistici» e Davide Zoggia che lamenta «troppe differenze di linea politica» è solo perché l'arrivo di esponenti riformisti e liberal rischia di rendere ancor più minoritaria e ininfluente l'ala sinistra del Pd.

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