Cita Giovanni Paolo II per ribadire che «non c'è posto nella Chiesa per un sacerdote che abusa di bambini». Il cardinale Sean Patrick O'Malley è arcivescovo di Boston, dove è stato chiamato a risanare una diocesi colpita dallo scandalo dei preti pedofili in America. É lui a capo della commissione creata ad hoc da Papa Francesco nel 2014, la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, con lo scopo di combattere la piaga della pedofilia nella Chiesa e per adottare la linea della tolleranza zero. «Sui vescovi grava una enorme responsabilità. Devono prevenire questi fatti con una formazione importante ma soprattutto devono denunciare questi crimini». In questa intervista al Giornale, il porporato statunitense tra i più stretti collaboratori del Papa - parla a tutto campo dello scandalo degli abusi commessi da membri della Chiesa. Lo fa alla vigilia della riunione, senza precedenti, che si terrà in Vaticano dal 21 al 24 febbraio, dei presidenti dei vescovi di tutto il mondo chiamati dal Pontefice per discutere sulle misure da adottare come prevenzione degli abusi sui minori e sugli adulti vulnerabili.
Eminenza, cosa dobbiamo attenderci da questa riunione?
«La salvaguardia dei minori deve essere una priorità per la Chiesa. Con l'incontro dei presidenti della conferenza episcopale di tutto il mondo e il Papa, il Santo Padre vuole renderli consapevoli della grande responsabilità che grava su di loro, invitandoli a prendersi cura delle vittime degli abusi sessuali ma anche di prevenire questi crimini grazie a programmi mirati di formazione, di preparazione, ma anche denunciando tali crimini e gestendo queste situazioni in maniera molto trasparente, seguendo il saggio consiglio di Giovanni Paolo II, che disse non c'è posto nel ministero per un sacerdote che abusa dei bambini».
Un summit senza precedenti, convocato dal Papa su indicazione del Consiglio dei cardinali, il cosiddetto C9, di cui anche lei fa parte. Che importanza ha?
«Sarà un'opportunità preziosa e importante per il Santo Padre per ricordare personalmente ai vescovi di tutto il mondo la loro grande responsabilità di pastori del loro gregge e protettori dei bambini, e per esortare i vescovi ad applicare delle politiche concrete da seguire scrupolosamente».
Molte cose sono state fatte da Papa Francesco in tema di lotta alla pedofilia nella Chiesa. Operazione di pulizia già iniziata con Benedetto XVI. Ma resta ancora molto da fare?
«In molte parti del mondo si sta cominciando solo ora a parlare del problema e a riconoscerlo. Ad ogni conferenza episcopale è stato chiesto di sviluppare dei protocolli e delle politiche concrete per la protezione dei minori. Durante il summit di fine febbraio, dunque, il Papa chiederà ai vescovi di tutto il mondo che ogni anno queste politiche vengano sottoposte a verifica per garantire che siano messe effettivamente in pratica e affinché non rimangano solamente un pezzo di carta. Deve essere qualcosa di concreto e durante la visite ad limina (le visite dei vescovi dal Pontefice che avvengono ogni cinque anni, ndr) dovranno presentare dei rapporti su come tali politiche siano state seguite nei cinque anni precedenti».
Il summit di fine febbraio ha anche lo scopo di offrire delle linee guida in tema di formazione ed educazione?
«Credo che l'incontro in Vaticano rappresenti un prezioso aiuto per migliorare la situazione a livello globale e per porre l'accento sulla prevenzione, spiegando alle persone la natura del problema, come identificarne i sintomi nei bambini e nelle comunità, organizzando i necessari corsi di formazione nei seminari, nei
programmi per i diaconi e i sacerdoti diocesani, così che le persone diventino consapevoli del problema. Un modo anche per affrontarlo correttamente, rendendo i bisogni dei minori e delle vittime del passato la nostra priorità».
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