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Superga brasiliana: 71 morti Selfie, sorrisi poi la tragedia

In Colombia precipita aereo con a bordo una squadra di calcio. Forse era senza carburante: 6 i sopravvissuti

U na tragedia come quella che colpì il grande Torino nel 1949. Solo che nella notte dell'altro ieri a morire sono stati i sogni di una piccola squadra brasiliana diventata improvvisamente grande, la Chapecoense che, proprio stasera avrebbe dovuto sfidare l'Atletico di Medellin, nella finale di andata della Copa Sudamericana, la nostra Europa League. E invece il destino ha voluto un altro finale. Perché i 22 giocatori della squadra, lo staff tecnico nonché un gruppo di 21 giornalisti e l'equipaggio - in totale 71 persone - hanno trovato la morte nel volo Santa Cruz de la Sierra-Medellin, precipitato intorno alle 22 e 15 della notte scorsa a Certi Gordo, nella regione colombiana de La Union, non lontano da Medellin. Solo sei i superstiti, anche se fino all'ultimo si è sperato che il portiere della squadra, Marcos Danilo Padilha, estratto vivo dalle lamiere dell'aeronave, ce la potesse fare. Ma purtroppo è spirato poco dopo essere arrivato in ospedale. Tra gli altri sopravvissuti tre sono calciatori: il terzino Alan Ruschel, 27 anni, ha riportato fratture multiple alla colonna dorsale. In ospedale anche il secondo portiere Jackson Follmann ed il difensore Helio Zampier Neto. Tutti e tre sedevano nella stessa fila dell'aereo. Difficilissimi i soccorsi - in questa regione montagnosa ed impervia era solito nascondersi Pablo Escobar - resi più ardui da una pioggia battente. «Una tragedia» commenta commosso Milton Junior, giovane promessa del calcio brasiliano in forza nel Redbull Jundiai. Lui conosceva alcuni dei colleghi morti nell'incidente, «tutti grandi professionisti e padri di famiglia. Un'ingiustizia feroce». Anche perché questi ragazzi della faccia pulita - età media 25 anni tra cui due ex «italiani» Filipe Machado che giocò nella Salernitana e Winck, che con il Verona e segnò anche in Coppa Italia - il sogno di diventare campioni ed arrivare in serie A lo hanno costruito giorno per giorno al prezzo di tanti sacrifici fino all'ultimo, quello di volare con la compagnia Lamia, non riconosciuta dall'Aeronautica civile brasiliana (Anac) per coprire le tratte Brasile-Colombia. E qui la storia si tinge di giallo. I dirigenti della Chapecoense avevano infatti inizialmente prenotato privatamente un aereo della Lamia, compagnia nata nel Venezuela di Chávez nel 2009 e poi passata sotto bandiera boliviana. Il volo diretto sarebbe dovuto partire da Sao Paulo, in Brasile, alla volta di Medellin. Ma le autorità brasiliane, l'Anac appunto, hanno negato l'autorizzazione appellandosi alla convenzione di Chicago, i cui parametri la Lamia non rispetterebbe. Da qui la decisione dei dirigenti di non perdere comunque questo volo privato, un BAE 146 di produzione della British Aerospace nella tratta fuori dal Brasile, appunto da Santa Cruz de la Sierra in Bolivia - dove il gruppo era giunto con regolare volo di linea e senza problemi - fino a Medellin. Una scelta rivelatasi fatale perché a neanche 50 km dall'arrivo il comandante avrebbe segnalato l'emergenza. E in attesa del contenuto della scatola nera le ipotesi sono due: il carburante esaurito prima dell'arrivo od il guasto elettrico. E mentre la cittadina di Chapecó 210mila abitanti - molti dei quali di origine veneta - nello stato di Santa Caterina nel Sud del Brasile piange i suoi giovani eroi, a partire dal primo cittadino di Chapecó, Luciano Buligon, rimasto all'ultimo a San Paolo per una riunione politica o il vicepresidente della squadra, stanco per un precedente viaggio. Il presidente del Brasile, Michel Temer, ha proclamato un lutto nazionale di tre giorni. L'Atletico Nacional di Medellin ha chiesto alla Federazione calcistica sudamericana di assegnare la vittoria al club brasiliano.

E per ricostruire la squadra, come fu per il grande Torino, ogni club brasiliano regalerà un giocatore al Chapecoense.

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