La supponenza provocherà la “prescrizione” del governo giamaicano?

Il futuro di Salvini passa dall’unita del centrodestra nazionale ma deve far emergere le contraddizioni dei grillini. L’attuazione del programma non può attendere i tempi della politica così come fu per il “prescritto” Renzi

La supponenza provocherà la “prescrizione” del governo giamaicano?

Il 12 dicembre 2016, cioè poco più di 22 mesi fa, si chiudeva il cammino del primo governo Renzi. Sembra passata un’epoca ma sono meno di due anni così come sono meno di cinque gli anni del suo avvento mediatico culminato l’8 dicembre del 2013 quando vinse, con più del 67%, le primarie del Pd. In sintesi: solo 59 mesi fa tutti avrebbero scommesso che la politica italiana sarebbe stata nelle mani di Renzi per almeno 15 anni eppure, dopo solo tre, ha avuto inizio la sua parabola discendente. Come dire: i cittadini l’hanno raso al suolo perché i tempi della politica hanno determinato il venir meno dell’interesse dell’elettorato per cui estinto per sfiducia. Una sorta di prescrizione politica. Quello che i partiti non hanno capito è che, l’assenza di veri leader, porta l’elettorato al voto come quei cittadini che tentano il Superenalotto cambiando, di volta in volta, i numeri nella speranza che i sogni siano premonitori. Si, i sogni che svaniscono come le promesse non mantenute. Nella prima repubblica si viveva meglio, forse grazie alla lira, e la tenuta delle promesse aveva un lasso di tempo maggiore rispetto a questi ultimi anni. Maggiore la crisi, minore sarà il tempo di credito concesso alla politica. La speranza Renzi si schianta in pochissimi anni, la controrivoluzione grillina potrebbe avere una parabola anche più breve ma dovrebbe rinascere la vera politica. Se Salvini, al momento ha il coltello dalla parte del manico, deve essere consapevole che, quel manico, non scappi dalla sua impugnatura. Due movimenti pseudo populisti non possono convivere per molto tempo e questo, il tempo, sarà corsaro per la sopravvivenza solo di uno dei due. La partita si gioca sulle sponde esterne. Da una parte il Pd, dall’altra Forza Italia e Fratelli d’Italia. L’esito del congresso della sinistra potrebbe riaprire la fase: dialogo con i 5 stelle ed a soccombere potrebbe essere la Lega (qualora i democratici dovessero conseguire uno stretto 17% ed i grillini confermare il dato politico, o poco meno, i numeri potrebbero aprire una fase nuova con un ipotetico accordo che porti ad una rappresentanza, in caso di elezioni anticipate, variabile tra il 44 ed il 47%). Salvini potrebbe averlo capito. La politica si fa con i numeri ma questi potrebbero sempre cambiare. La prescrizione che anima l’attuale dibattito politico, con le relative divergenze tra i due partiti del governo, non è solo il lungo lasso di tempo per cui lo Stato possa “perdere l’interesse” per punire un reato con relativa “assoluzione” dell’ipotetico colpevole ma è anche, nel diritto civile, quel fenomeno che porta all’estinzione di un diritto soggettivo se non esercitato dal titolare di questo nel tempo previsto dalla legge.


Come la “prescrizione civil/politica” ha posto fine al governo Renzi (i cittadini gli voltano le spalle in occasione del Referendum del 2016 come a sancire la fine del suo diritto a governare per nome e per conto del Popolo italiano), anche il governo giamaicano rischia, non penalmente, quella che abbiamo definito prescrizione civile nella logica politica. Salvini lo ha capito? Chi ne è certo è invece Di Maio comprendendo che una nuova fase si stia per aprire a suo discapito anche con il ritorno in Patria del “Diba”. Per tornare sul fronte Lega, seppur si dubiti dei sondaggi a loro favorevoli, Salvini potrebbe voler velocizzare la prescrizione civile dei cinque stelle imponendo tempi strettissimi per il caso Tav, far cadere la terza tegola dopo Ilva e Tap, e chiudere la luna di miele con il prologo delle promesse non mantenute. Per ottenere ciò deve ripartire dai territori. Così come è stato per la tornata delle elezioni provinciali, che hanno portato il centrodestra alla conquista di quindici nuove presidenze territoriali, potrebbe guardare alla sua tradizionale coalizione ma conscio di dover mettere mano alla riforma Del Rio ed una ritrovata mobilitazione periferica. Se sui territori i grillini non sono cresciuti in modo proporzionale alla spinta emotiva nazionale, il titolare dell’Interno ha capito di doverli azzoppare con tematiche nazionali per arginare ipotesi diverse ed a lui alternative (come già detto su ed a margine del congresso Pd).

L’unica prospettiva, per Salvini, passa dal terminare la cannibalizzazione sugli storici alleati e ritornare ad essere quel movimento dei territori sedando l’insofferenza, anche dell’imprenditoria del Nord, e non rischiare la nascita di un nuovo movimento della piccola e media impresa proprio come avvenne nel 1989 con la nascita della Lega Nord. I tempi sono ormai strettissimi visto che, su ogni primaria questione, gli attuali alleati di Governo hanno una parallela frenesia schizofrenica.

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