Coronavirus

La Svezia conta i morti e rimpiange il lockdown. L'epidemiologo: "Certo, potevamo fare meglio"

Tegnell: "Il nostro modello? Valido. Con le nozioni attuali cambierei qualcosa"

La Svezia conta i morti e rimpiange il lockdown. L'epidemiologo: "Certo, potevamo fare meglio"

«Se dovessimo aver a che fare con la stessa malattia, con le stesse informazioni che abbiamo raccolto fino ad oggi, penso che ci posizioneremmo a metà strada tra ciò che abbiamo fatto e quello che il resto del mondo ha fatto». A parlare è Andres Tegnell, capo epidemiologo dell'agenzia pubblica svedese che sovrintende alla sanità.

L'intervista di ieri dello scienziato a Sveriges Radio è stata poi integrata da altri interventi pubblici in cui Tegnell ha difeso la strategia complessiva del Paese. La Svezia rappresenta un caso unico nella risposta alla pandemia: le persone hanno mantenuto la libertà di movimento, le attività economiche, i bar, i ristoranti non hanno chiuso, le frontiere sono rimaste aperte, così come le scuole per gli studenti under 16. Ciò che il governo ha chiesto ai cittadini è stato di applicare il distanziamento sociale nei rapporti interpersonali, l'unica misura assieme al frequente lavaggio delle mani ritenuta proporzionata ed efficace. Finora i casi svedesi sono quasi 41 mila con poco più di 4500 morti e facendo un confronto con la Norvegia e la Danimarca (per quanto difficile: densità della popolazione, distribuzione, urbanizzazione, internazionalizzazione sono diverse), i risultati non sono lusinghieri: ai 450 morti svedesi per milione di abitanti, uno tra i più alti al mondo, fanno da contraltare i 44 norvegesi e i 100 danesi. Anche guardando alle morti in eccesso rispetto alla media degli ultimi 5 anni, la Svezia registra un +30% contro lo 0 norvegese e il +7% danese: i due virtuosi vicini hanno così deciso di riaprire tra di loro le frontiere escludendo però Stoccolma.

Le parole di Tegnell hanno avuto una forte eco internazionale e una quasi un'unanime interpretazione di pentimento per una scelta controcorrente che nel corso delle settimane è stata variamente descritta come folle, irrazionale, criminale. In un'intervista sempre di ieri a Dagens Nyheter, uno dei principali quotidiani nazionali, l'epidemiologo ha invece dichiarato che il clamore è infondato. Ho affermato l'ovvio, è il senso delle parole di Tegnell, le decisioni che abbiamo preso agli albori della pandemia erano basate su un insieme molto limitato di informazioni, in primis sulle modalità di trasmissione della malattia. Col senno di poi alcune cose si sarebbero potute fare diversamente, ma non significa che il lockdown di un'intera società sia la risposta giusta: «Credo che molti Paesi che hanno subito chiuso tutto potrebbero ora valutare se quella è stata una risposta adeguata. Avrebbero potuto implementare politiche più mirate ed essere egualmente efficaci? Non chiudi un'intera società se non sei obbligato». Tra le cose che farebbe diversamente Tegnell pone l'accento sulla necessità di un numero maggiore di test rispetto a quelli condotti finora e su un'attenzione maggiore alle case di riposo, qui come altrove tra i principali focolai del virus. Il numero di contagiati e di morti sta scendendo lentamente, il sostegno del Paese alla strategia del governo socialdemocratico di Kjell Stefan Löfven registra delle crepe.

E su pressione dell'opposizione il primo ministro ha annunciato che entro l'estate sarà istituita una commissione d'inchiesta per indagare sulle decisioni degli ultimi mesi.

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