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La Svizzera non ci vuole: "Prima noi, poi gli italiani"

Per 6 ticinesi su dieci chi vive nel territorio deve avere precedenza sul lavoro. Gentiloni: "Rapporti a rischio"

La Svizzera non ci vuole: "Prima noi, poi gli italiani"

Il Ticino ha detto sì schierandosi, una volta ancora, contro l'invasione dei frontalieri, quei confinanti italiani che, giornalmente, in particolare dalle province di Como e Varese, intasano le strade svizzere con 62mila e rotte presenze pur contribuendo è innegabile - alla crescita economica del Paese. L'iniziativa «Prima i nostri!» approvata ieri con un netto ma non nettissimo 58% (e con oltre il 60% a Lugano), è stata lanciata ancora una volta dal partito di destra Udc - sostenuto in maniera decisa e decisiva dalla Lega dei Ticinesi. Gli iniziativisti vogliono (o meglio, vorrebbero, perché l'attuazione si annuncia assai complessa) fissare nella Costituzione ticinese i principi legati al testo «contro l'immigrazione di massa» approvato, in votazione federale, il 9 febbraio 2014. Si chiede, in particolare, una «preferenza indigena» e la «impedendo licenziamenti per sostituzioni discriminatorie fra manodopera indigena ed estera e intervenendo contro le sensibili diminuzioni salariali causate da un afflusso incontrollato di manodopera italiana. Sebbene il Canton Ticino goda attualmente di un tasso di disoccupazione basso (attorno al 3%, meno della media elvetica), i frontalieri lo ribadisce il voto di ieri - sono visti dalla maggior parte della popolazione come una minaccia. E questo sebbene i politici dell'intero arco costituzionale (destra populista compresa), imprenditori e sindacati li ritengano importanti per l'economia, anche per il loro costo minore rispetto ad un lavoratore indigeno. In Italia le reazioni al voto non si sono fatte attendere: «Senza libera circolazione delle persone i rapporto tra Svizzera e Ue sono a rischio» ha detto duro il ministro degli esteri Paolo Gentiloni. E il governatore lombardo Maroni sula sua pagina facebook: «Il Canton Ticino ha votato per bloccare l'ingresso a decine di migliaia di lavoratori lombardi (LAVORATORI, non immigrati clandestini): accettiamo l'esito del referendum, naturalmente, ma vigileremo perché ciò non si traduca in una lesione dei diritti dei nostri concittadini lombardi o (peggio) nella introduzione di discriminazioni o violazioni delle norme che tutelano i nostri lavoratori. A partire da domani, dunque, la Regione Lombardia predisporrà le adeguate contromisure per difendere i diritti dei nostri concittadini LAVORATORI».E l'europarlamentare di Forza Italia: «Se la Svizzera sceglierà il declassamento dei lavoratori frontalieri, l'Ue dovrà bloccare e sospendere tutti gli accordi di carattere amministrativo, economico e commerciale di cui anche la Svizzera ha ampiamente beneficiato in questi anni. O la reciprocità è reale, o le porte dell'Europa si devono chiudere per chi pensa solo di ricevere e non dare».

Ma ora, cosa succederà all'atto pratico per i frontalieri italiani? A corto termine nulla, e forse nemmeno più avanti. Perché come ha ribadito anche il governo ticinese - «vi saranno intralci di applicazione per il testo proposto e, questo, a causa di un problema di armonizzazione con le leggi federali che il Cantone è tenuto a rispettare».

E il precedente del 9 febbraio 2014 è lì da vedere: quel giorno la volontà popolare aveva detto che il 50,3% degli elettori a livello nazionale e ben il 68,2% in Ticino avevano accolto l'iniziativa «Contro l'mmigrazione di massa», ma quella volontà, a due anni e mezzo di distanza, è rimasta lettera (quasi) morta, tanto che probabilmente nel 2017 verrà attuata una versione decisamente più «light», senza tetti massimi e contingenti.

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