«Ho riempito un formulario on line con i dati dell'azienda, ci ho impiegato una decina di minuti. Il giorno dopo sul nostro conto bancario sono arrivati 300mila franchi (circa 285mila euro, ndr)». Agli imprenditori che in questi giorni si vedono sbattere ovunque porte in faccia, può suonare come un'invenzione letteraria. Invece è il racconto di un manager italiano, Michel Cohen, fondatore del gruppo milanese Dentalpro. Solo che a erogare i fondi in 24 ore non è stato il suo Paese, l'Italia appunto, ma la Svizzera.
La Confederazione il 26 marzo ha messo a punto un pacchetto di aiuti che ha una grossa differenza con il «Cura Italia»: mentre da il ministero dell'Economia formava una task force per capire come far arrivare i fondi salva-imprese, in Svizzera li hanno elaborato in otto giorni 76mila richieste e già erogato 14,3 miliardi di euro. Con tempi e modalità che, se raffrontati con le difficoltà delle aziende italiane di questi giorni, paiono di un altro mondo. Il gruppo Dentalpro conta 180 centri dentistici in tutta Italia e dà lavoro a 2500 persone. «Noi - spiega al Giornale l'ad Michel Cohen - abbiamo un fatturato intorno ai 200 milioni per cui, in base al decreto Cura Italia, non abbiamo diritto ad alcuna agevolazione, nemmeno sugli adempimenti fiscali, nonostante abbiamo dovuto chiudere, limitandoci a garantire un'attività di emergenza per evitare che i nostri clienti siano costretti rivolgersi al Pronto soccorso. In Svizzera avevamo acquisito una piccola attività con quattro strutture tra Lucerna e i cantoni tedeschi ed è stato garantito il diritto a un finanziamento pari al 10 per cento del fatturato 2019. In Svizzera c'è molta burocrazia, ma stavolta è stato reso tutto molto facile, è bastato rivolgersi alla propria banca».
Stessa esperienza di Ferag Ticino Sa, ramo locale di un grande gruppo di macchine per i centri stampa e logistica con sede a Zurigo: «Qui la situazione sanitaria non è migliore della vostra -dice l'amministratore Andrea Gygax- e di solito anche a noi le banche chiedono tante garanzie. Ma la Confederazione ha mantenuto le promesse: fondi alle imprese in un giorno, cassa integrazione, che da noi si chiama lavoro ridotto dopo una settimana dalla richiesta».
Mentre il governo italiano ha è scelto di garantire solo l'80% del prestito, costringendo le banche a fare la consueta istruttoria per verificare la solvibilità, allungando i tempi a dismisura. Inoltre, mentre le banche italiane spesso rispondono ai clienti che chiedono linee di credito garantite dallo Stato di non avere ancora chiare le procedure, la normativa svizzera allegava il formulario imposto alle banche e prevede un tasso di interesse zero per le piccole e medie imprese, 0,5% per le grandi, che hanno anche una garanzia dello Stato inferiore (l'85%).
Certo la Svizzera ha condizioni diverse, incluso il non essere legata alle regole Ue sul deficit.
Ma sorprende la diversa reattività della loro burocrazia rispetto alla nostra. Una differenza che per le imprese può significare la vita o la morte. E che pagheremo a crisi finita, se le aziende italiane non potranno più ripartire e i concorrenti stranieri invece sì.
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