La svolta di Berlusconi: rinnovamento necessario

Delusione per la partita del Colle: "Lo spirito del Nazareno si è estinto". E punta alla data chiave dell'8 marzo per il ritorno in campo

La svolta di Berlusconi: rinnovamento necessario

Si volta pagina. Nell'arco di 24 ore decisamente concitate si chiude un capitolo lungo un anno e si celebra ufficialmente il «divorzio del Nazareno». Il patto con Matteo Renzi «non è più vincolante». La decisione è firmata da Silvio Berlusconi di concerto con i massimi dirigenti del partito. Una reazione inevitabile perché, come spiega Altero Matteoli, «in fisica come in politica a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria». L'onda d'urto del dossier Quirinale e la scelta del Pd di procedere secondo una logica «arrogante e unilaterale» non poteva non segnare i rapporti di corretta collaborazione che Forza Italia ritiene di avere sempre intrattenuto con il Pd. «Il patto del Nazareno è rotto, congelato, finito», annuncia Giovanni Toti. «Decideremo volta per volta. Detto ciò, noi non faremo i kamikaze, le riforme sono patrimonio del Paese ma non ci sentiamo di dover votare tutto per forza».

Una decisione condivisa da Berlusconi che nel corso del comitato di presidenza - ristretto ai soli aventi diritto di voto, ovvero i 30 componenti effettivi - ascolta le rimostranze dei suoi dirigenti e non nasconde la sua personale delusione. Non c'è rabbia nelle sue parole, i toni non sono perentori. La cifra è quella del rammarico, la sua posizione è una semplice presa di coscienza di una evidenza, perché di fronte a quanto accaduto è inevitabile prendere atto che «lo spirito del Nazareno si è interrotto». Con una conseguenza politica: dopo le scelte compiute da Renzi e Angelino Alfano cambieranno sia i rapporti con il Pd sia con le altre forze del centrodestra. Un rimescolamento degli equilibri e un cambio di schema con una forte apertura verso la Lega e Fratelli d'Italia. «È naturale stare con la Lega alle prossime elezioni regionali e amministrative» dice durante il Comitato di presidenza, «è un nostro alleato storico». Arriva, invece, una correzione di rotta sull'ipotesi di una lista unica ribattezzata «Lega della libertà»: «Quella frase sulla lista unica è stata una battuta, scherzavo, ma dobbiamo andare insieme».

«Si entra in una fase di movimentismo e questo è positivo. Dobbiamo tornare a parlare con chiarezza ai nostri elettori». C'è spazio anche per l'ironia visto che nel corso della riunione Berlusconi sintetizza l'atteggiamento del Pd e della sinistra contro di lui - ad esempio sulla famosa norma di esclusione dalla punibilità per una evasione sull'imponibile inferiore al 3 per cento - dicendo che «se ci fosse da salvare un equipaggio di mille persone e tra quelle ci fosse Berlusconi, si dimenticherebbero di inviare i soccorsi». L'ex premier, nei discorsi fatti a margine con i suoi dirigenti, carica di significato la fine dei servizi sociali e insiste su una data: quella dell'8 marzo. Una sorta di conto alla rovescia - meno 31 giorni al traguardo - verso la scadenza in cui tornerà a tutti gli effetti un uomo libero e potrà ricominciare a fare politica e guidare il centrodestra. Rispetto ai rapporti con i dirigenti del partito, nonostante un confronto franco, diretto e non privo di spine avuto il giorno prima, ribadisce assoluta stima verso Denis Verdini. Non nasconde, invece, la delusione nei confronti di Raffaele Fitto che non si presenta al comitato di presidenza nonostante Berlusconi lo avesse ricevuto privatamente 24 ore prima ascoltandone le ragioni. Respinte, invece, le dimissioni presentate da Renato Brunetta e, a ruota, da Paolo Romani. Il presidente di Forza Italia, però, resta convinto della necessità di procedere al rinnovamento e che «nessuna posizione sia intoccabile». Ma prima di tutto, spiega, bisogna riprendere in mano le redini del partito, perché «nulla ci danneggia di più delle divisioni interne».

di Fabrizio de Feo

Roma

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