A chi scrive è sempre sembrata, forse sbagliando, un'ovvietà. Il successo dei movimenti cosiddetti populisti in Europa ha una spiegazione semplice e in fondo unica: se perfino i partiti moderati o centristi, che dovrebbero rappresentare gli interessi del ceto medio e di chi ha a cuore la conservazione dei valori tradizionali, si rifiutano di farlo in ossequio al dilagante conformismo antioccidentale che va sotto il nome di «politicamente corretto», non rimane che affidarsi ai populisti. Partiti che sono tra l'altro sempre esistiti, ma che avevano avuto per decenni un seguito modestissimo proprio perché gli elettori non avevano mai accettato di farsi carico del loro estremismo o dilettantismo. Il momento della verità è arrivato quando sono emersi problemi molto seri come il dilagare dell'immigrazione da Paesi estranei alla nostra cultura: i partiti tradizionali non hanno capito, o non hanno voluto accettare, che il problema che questa «invasione» portava con sé non era solo di natura economica (perdita di posti di lavoro, concorrenza nell'assegnazione di sussidi eccetera) ma anche e soprattutto culturale: perdita, in ultima analisi, di quello che viene percepito come «il proprio mondo» a vantaggio di nuovi arrivati sentiti come estranei e paradossalmente privilegiati dalle scelte dei politici. È stato allora che tanti elettori si sono affidati per disperazione all'estrema destra o a populisti di fresco e incerto conio.
Lunga ma necessaria premessa per dire che non è una sorpresa se solo adesso, a un passo o poco più dalla possibile affermazione di movimenti radicali che promettono una radicale inversione di tendenza nelle politiche di immigrazione e di integrazione europea, gli stessi partiti che prima storcevano il naso davanti alle legittime attese dei loro elettori ora vanno loro incontro. Hanno capito di non avere scelta, e promettono una «svolta a destra» che in realtà è solo un recupero di senso comune.
Eccoli qui dunque. François Fillon in Francia, che stravince le primarie del centrodestra ricordandosi dei «valori tradizionali» e di un fatto che è sotto gli occhi di tutti ma che era stato lasciato dire solo a Marine Le Pen (oltre che all'ormai impresentabile Nicolas Sarkozy): «In Francia non abbiamo un problema con le religioni, abbiamo un problema con l'islam». E Angela Merkel in Germania, che martedì al congresso della Cdu a Essen ha tuonato contro l'immigrazione di massa (da lei favorita), il velo integrale e la sharia, ottenendo una (quasi) trionfale riconferma alla presidenza del partito e la candidatura a un quarto mandato da cancelliere. Ieri i delegati della Cdu hanno voluto esagerare e hanno votato a stretta maggioranza una mozione contro la doppia cittadinanza per chi è nato in Germania da genitori immigrati.
Qui la Merkel ha frenato: quella legge l'aveva fatta lei due anni fa, insieme con i partner di governo socialdemocratici. All'estrema destra se la ridono: eccola, dicono, la differenza tra l'originale e la copia. Chissà se tra qualche mese gli elettori sceglieranno l'uno o l'altra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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