«Noi non consentiremo mai a nessun governo, come non lo abbiamo mai consentito, di mettere le mani nelle tasche degli italiani». Il prepotente ritorno in campo di Silvio Berlusconi segna uno spartiacque per la politica economica del governo Draghi in una fase fondamentale sia per il percorso delle riforme sia per le infrastrutture e l'approvvigionamento energetico del Paese, messo a rischio dal conflitto tra Russia e Ucraina. Nel suo intervento di sabato scorso alla convention azzurra il presidente di Forza Italia ha ribadito, in quanto leader dell'anima politica del centrodestra, alcuni capisaldi irrinunciabili per la compagine in ambito economico. Una presa di posizione che né il presidente del Consiglio, Mario Draghi, né il centrosinistra potranno trascurare.
Il primo punto dirimente è la riforma fiscale. «Noi non consentiremo mai a nessun governo di colpire la casa, che per noi è sacra, è il simbolo dell'unità e della continuità della famiglia», ha detto Berlusconi aggiungendo che «noi non consentiremo mai a nessun governo di colpire il risparmio che è il frutto di una vita di lavoro, di sacrifici e di speranze». Fondamentalmente si tratta di un «no» secco al sistema con due aliquote (15% e 26%) per i redditi extra-Irpef nelle quali rientrerebbero la cedolare secca sugli affitti e la tassazione dei capital gain. La linea di demarcazione, pertanto, non è solo evitare che la riforma del catasto incrementi ulteriormente il prelievo Imu che si aggira sui 21-22 miliardi annui, ma anche impedire che l'applicazione delle due aliquote teorizzate determini ulteriori aumenti del prelievo considerato che la cedolare secca sugli affitti a canone concordato è del 10% (21% sugli affitti brevi e su quelli residenziali) e che sui titoli di Stato si applica il 12,5 per cento. La settimana che si apre oggi sarà decisiva per la riforma fiscale ma appare chiaro già da ora che si debbano escludere dal tavolo azioni che facciano schizzare il gettito della cedolare secca sugli affitti (3 miliardi nel 2021) e della sostitutiva sui capital gain (2,6 miliardi).
Il secondo punto attiene il ripensamento della politica energetica. «Ci hanno danneggiato le scelte ideologiche che hanno portato alla rinuncia al nucleare, che hanno portato alla riduzione della produzione e della ricerca nazionale che hanno portato al blocco dei rigassificatori», ha sottolineato Silvio Berlusconi ribadendo che «il mondo è cambiato; ora deve cambiare l'Italia». Dunque se, almeno nell'immediato, è impensabile rinunciare alle forniture di gas russo (29 miliardi di metri cubi su 76 miliardi di consumo nazionale annuo), «questo deve essere il nostro obiettivo nei tempi giusti». È quindi difficile non pensare alle priorità stabilite dal Def che punta sulla produzione interna di tecnologia per il fotovoltaico, sulla spinta verso l'idrogeno e sull'eolico. Mentre il ritorno al nucleare potrebbe rappresentare un punto programmatico per il centrodestra alle elezioni 2023, le parole di Berlusconi sembrano puntare nell'immediato a una maggiore apertura verso la costruzione di rigassificatori oltre le due navi ad hoc già prenotate dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, attraverso Snam.
Infine non si può non sottolineare una felice coincidenza tra la nuova discesa in campo del presidente di Forza Italia e l'annuncio del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. «Il governo metterà a punto le misure necessarie, anche rafforzando interventi già approntati, in particolare in tema di revisione prezzi», ha dichiarato relativamente ai bandi del Pnrr che rischiavano di restare bloccati (il 72% dei progetti locali non è stato ancora aggiornato ai nuovi costi). Non deve più accadere, ha concluso, «che la crisi in atto faccia deragliare il Paese dal suo più ambizioso Piano di ripresa e sviluppo, con la tensione riformistica che lo contraddistingue».
Una coincidenza ma, di sicuro, l'impegno di Forza Italia e dei suoi ministri per tener conto del caro-materie prime nei programmi infrastrutturali del Recovery Plan è stato sicuramente dirimente per un'accelerazione in questo senso a fronte di controparti per le quali le opere pubbliche spesso non sono prioritarie. E anche su questo fronte il ritorno di Berlusconi è una garanzia per chi preferisce il «fare» al «non fare».
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