
Oltre alle dichiarazioni ufficiali, agli annunci e ai colloqui tra le delegazioni, venerdì in Alaska l'incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin si è svolto anche su un altro piano meno concreto ma altrettanto significativo: quello simbolico. Nelle parole e nei gesti dei due leader, così come nel cerimoniale e nei momenti non ufficiali, è emersa infatti una simbologia e un linguaggio del corpo che non è passato inosservato. Già dall'arrivo della delegazione russa in Alaska ha fatto discutere la scelta del ministro degli Esteri Sergej Lavrov di indossare una maglia con scritto CCCP, la sigla dell'Urss. Una decisione non casuale e ricca di significati a cominciare dalla volontà di riacquisire l'influenza dell'Unione Sovietica e di trattare da pari a pari con gli Stati Uniti.
D'altro canto lo spirito con cui la delegazione russa si è approcciata all'incontro lo si era già capito dal menù servito ai giornalisti russi in volo per l'Alaska: pollo alla Kiev, un piatto lanciato agli inizi del 900 nel ristorante Continental che consiste in una coscia di pollo panata e fritta ripiena di burro ma con vasti significati metaforici. Un richiamo ai tempi sovietici è emerso anche dal gesto di Putin, in questo caso più distensivo, di deporre dei fiori sulle tombe dei piloti sovietici morti nella regione durante la Seconda guerra mondiale. Gli aviatori russi morirono a causa di incidenti avvenuti mentre si addestravano o trasportavano aerei statunitensi in Unione Sovietica.
A tenere banco sui media occidentali è anche il dibattito sul linguaggio del corpo utilizzato da Trump e Putin a cominciare dal saluto che, secondo Reuters, è stato "come tra vecchi amici", con un'accoglienza che definire "calorosa sarebbe un eufemismo" e, secondo la Cnn, "il linguaggio del corpo al vertice di venerdì è stato tutt'altro che freddo". Inoltre non è passata inosservata la scelta di accogliere Putin con un tappeto rosso ma l'assoluta novità è stata la decisione di far salire Putin sull'auto del presidente americano, la celebre "The Beast". Non è sfuggito nemmeno il saluto di Trump a Putin con la stretta di mano anticipata da un applauso del presidente americano criticato duramente dal quotidiano tedesco Bild: "Nessuna agenzia di propaganda russa avrebbe potuto immaginare un'immagine migliore di quella del presidente degli Stati Uniti che saluta Putin con un applauso sul tappeto rosso". Da parte americana si tende invece a minimizzare il gesto definendolo un semplice incitamento per arrivare a un accordo.
A proposito di linguaggio del corpo colpisce la differenza tra la foto dell'incontro tra Obama e Putin dieci anni fa con i due presidenti tesi e distaccati e quella di venerdì nella sala riunioni con Putin seduto leggermente piegato in avanti con le braccia conserte. Si tratta di una posizione diversa dalla sua solita postura con cui è appoggiato allo schienale della sedia che di solito denota disinteresse.
Eppure affermare che tutta la scena sia stata catturata dalle mosse dei russi sarebbe sbagliato, il bombardiere B2 che ha sorvolato i due leader è stato per esempio un chiaro messaggio della forza e delle capacità militari degli Stati Uniti. Anche se la battuta finale è spettata a Putin: "La prossima volta ci vediamo a Mosca", con tutto il portato simbolico che un incontro nella capitale russa comporterebbe.