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Tagli ai seggi, salta il referendum. Ipotesi rinvio ai ballottaggi di maggio

I grillini vogliono l'Election day per attirare elettori. No dei promotori. Calderoli: «Così il governo si allunga la vita»

Tagli ai seggi, salta  il referendum. Ipotesi rinvio ai ballottaggi di maggio

«Rinviato sine die», è l'annuncio del premier Conte, guarnito dai consueti vezzi linguistici burocratici.

Il referendum costituzionale che dovrebbe confermare o respingere il taglio della rappresentanza democratica in Parlamento non si terrà più il 29 marzo, causa Coronavirus. «Il governo - spiega il ministro ai Rapporti con il Parlamento D'Incà, M5s -ha ritenuto opportuno rivedere la decisione circa la data del referendum che era stata fissata prima dell'emergenza sanitaria, allo scopo di assicurare a tutti i soggetti politici una campagna elettorale efficace e ai cittadini un'informazione adeguata»

Entro il 29 marzo, dunque, bisognerà fissare una nuova data, sulla quale si aprirà sicuramente una nuova polemica: le prime avvisaglie si sono già viste ieri, dopo l'ufficializzazione del rinvio da parte del governo. Da un lato i grillini, che si aggrappano disperatamente alla consultazione sulla «loro» riforma, sperando di poter mettere il cappello su percentuali bulgare di sì al populistico quesito («vuoi tu eliminare un po' di parlamentari?») e di rilanciare la propria immagine di arruffapopoli, risollevandosi dal baratro di consensi in cui sono precipitati. Ecco dunque che il facente funzioni di capo, Vito Crimi, propone «l'accorpamento di tutte le elezioni da qui a giugno in un'unica data», con la scusa che «non va sprecato nemmeno un euro». In realtà l'obiettivo è un altro: abbinando il referendum alle regionali e amministrative in programma nella tarda primavera, il partito della Casaleggio spera di evitare un probabile flop di partecipazione, che rovinerebbe la demagogica festa del «taglio» dei parlamentari.

Sulla sponda opposta si collocano quei parlamentari di diversi partiti che si sono fatti promotori del refererendum, e che sono molto critici se non nettamente contrari alla riforma grilina. In una dichiarazione congiunta, i senatori Andrea Cangini, Tommaso Nannicini e Nazario Pagano denunciano: «Sarebbe molto grave se il governo decidesse di accorpare il referendum con le elezioni regionali». Non è accettabile, sottolineano, una consultazione referendaria «con un'affluenza a macchia di leopardo e soprattutto la confusione che si creerebbe per la sovrapposizione tra campagne elettorali così diverse». Non a caso, ricordano, «mai nella storia repubblicana» i referendum costituzionali (che peraltro non necessitano di alcun quorum) sono stati accorpati ad altre votazioni.

Nel mezzo, a far da mediatore cercando di non indispettire i 5Stelle (con cui si stanno trattando alleanze nelle regioni dove si vota), si colloca il Pd: «L'Election day si metterà o in coincidenza del primo turno delle amministrative o del ballottaggio», dice il viceministro dell'Interno, Matteo Mauri. Il tentativo, quindi, sarà quello di accorpare il referendum al secondo turno delle amministrative, con un effetto trascinamento assai più basso. Sempre che non slittino anche le elezioni. La decisione ufficiale spetterà al premier, che promette di consultare nei prossimi giorni i comitati per il sì e per il no. Il leghista Roberto Calderoli fa notare che per Conte c'è un effetto collaterale interessante: «Tanto verrà rinviato il referendum, tanto verrà prolungata la legislatura.

A pensar male si fa peccato, ma di solito ci si azzecca».

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