Il taglio del cuneo è un rebus. Scontro Confindustria-Orlando

Aziende contro bonus e aumenti proposti dal ministro E il governo s'incarta sulle risorse: pochi 1,5 miliardi

Il taglio del cuneo è un rebus. Scontro Confindustria-Orlando

Sulla questione salari la spaccatura tra Confindustria e governo continua a dividere pure la maggioranza. Ieri il leader degli imprenditori, Carlo Bonomi, ha ribadito la propria contrarietà alle proposte del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sull'aumento delle retribuzioni «agganciato» agli aiuti alle aziende. A questo si aggiunge una generalizzata contrarietà all'ipotesi di mini-taglio del cuneo che il governo ipotizza nel decreto anti-rincari che sarà varato domani.

«Confindustria è pronta a sedersi a un tavolo con il ministro Orlando, ma attende una proposta su cui discutere», ha dichiarato all'Agi Carlo Bonomi aggiungendo di ritenere «sbagliato condizionare gli interventi a un diverso rinnovo contrattuale». Viale dell'Astronomia aveva proposto «un taglio contributivo con effetti concentrati fino a 35mila euro, mentre il taglio Irpef ha favorito i redditi medio-alti e ora quasi un'impresa su due in Italia rischia di fermarsi».

Il meccanismo è stato spiegato dal presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, Riccardo Di Stefano. È necessario «aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori, soprattutto per i redditi medio-bassi, donne, giovani, Sud. Le categorie più colpite dalla crisi» ma «non va fatto con bonus e una tantum: elemosina di Stato». L'intervento previsto nel decreto vale circa 1,5 miliardi di taglio del cuneo contributivo (taglio del 0,8%). «Non possiamo accettare stanziamenti ampiamente insufficienti che non producono alcun effetto», ha aggiunto rimarcando che per sostenere le imprese «c'è bisogno di tempi molto celeri e forte determinazione del governo, che non vediamo». Proprio questa forte contrarietà (Confindustria chiede 16 miliardi di taglio), unita a quella di maggioranza e sindacati, starebbe convincendo l'esecutivo a stralciare il dossier.

Il problema è che sulla direzione da intraprendere non c'è convergenza. «Serve fare una politica di redistribuzione che sostenga i salari, e che ci tenga care le nuove generazioni che rischiamo di disperdere», ha ripetuto ieri Andrea Orlando non arretrando di un millimetro rispetto alle sue intenzioni dichiarate: ossia aumentare i salari in ogni modo. «La riduzione del cuneo non risolve; serve anche un adeguamento dei livelli salariali più bassi», ha spiegato insistendo sull'introduzione di un salario minimo correlato ai contratti nazionali. Idea che piace ai sindacati, ma non al centrodestra e a Confindustria. «Non vogliamo l'introduzione del salario minimo. Vogliamo ridurre al minimo le tasse sul lavoro. Su chi il lavoro lo dà e su chi il lavoro lo presta», ha evidenziato il ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini.

Cgil, Cisl e Uil, oggi ad Assisi per chiedere pace e lavoro, sono dalla parte di Orlando. «Abbiamo chiesto al governo di fare un intervento che abbia le risorse necessarie per sostenere i redditi da lavoro e da pensione, a partire da quelli più bassi», ha spiegato Maurizio Landini, sostenendo che«le risorse vanno prese anche agendo sugli extraprofitti che si sono determinati in questi mesi».

Il segretario Cisl, Luigi Sbarra, ha rilanciato la necessità di un Patto sociale per la crescita e l'occupazione, mentre il segretario Uil, Pierpaolo Bombardieri, ritiene che «non sia eversivo chiedere un aumento dei salari, oltre a una riduzione del cuneo fiscale».

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