Politica estera

Taiwan, la morsa cinese. Dopo lo stop in cielo bloccato anche il mare

Domenica "c'è il rischio di caduta di detriti di razzi". Deputato Usa punito per la visita

Taiwan, la morsa cinese. Dopo lo stop in cielo  bloccato anche il mare

Attacchi di precisione, ricognizioni, e operazioni anti-missilistiche. Non si fermano le esercitazioni della Cina attorno all'isola di Taiwan, con le rilevazioni diffuse giovedì che riferiscono di 26 aerei militari e 7 navi da guerra dell'Esercito di Xi Jinping nell'area. Dopo la no-fly zone di 27 minuti prevista domenica 16, a nord di Taiwan, Pechino ha varato ieri, per la stessa giornata, ma per la durata di sei ore, dalle 9 alle 15 ora locale, anche l'interdizione alla navigazione nella zona del Mar Cinese Orientale, 160 chilometri a nord dell'isola, a causa - spiega - del rischio della «caduta di detriti di razzi», legata ad attività aerospaziali. L'autorità marittima cinese non ha fornito altri dettagli. Quel che è certo è che da domenica e fino al 18 aprile i ministri degli esteri del G7 saranno riuniti a Karuizawa, in Giappone e, secondo fonti diplomatiche giapponesi, rivolgeranno un «tacito avvertimento» contro i tentativi della Cina di alterare lo status quo nell'Indo-Pacifico con l'uso della forza.

La tensione è forte dopo le parole del presidente Xi, che ha invitato le Forze Armate a tenersi pronte a «combattimenti reali», a distanza di una settimana dalla goccia che ha fatto traboccare il vaso: l'incontro in California tra lo speaker della Camera dei rappresentanti americana, Kevin McCarthy, e la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen.

Pechino mostra i denti anche se - è il parere di molti analisti - potrebbe raggiungere l'obiettivo di riunificare Taiwan, o riportarla nella sua orbita, senza imbarcarsi in un conflitto armato, ma spingendo per un lungo blocco aereo e navale oppure condizionando l'esito delle prossime elezioni presidenziali. Eppure la sua storica strategia, quella di conquistarsi il timore degli altri Paesi, stavolta rischia di essere controproducente. «Un tempo, 20 oppure 25 anni fa - spiega all'Adnkronos il sinologo Francesco Sisci - bastava che Pechino facesse sentire un tintinnare di sciabole e tutti cercavano, nell'interesse generale, di agire in modo da tenersi buona la Cina. Oggi, per mille motivi, accade l'esatto contrario: si pensa che la Cina sia pericolosa e vada trattata in modo ostile».

Pechino, intanto, usa mezzi militari e di pressione per mostrare la sua ira. Con l'accusa di aver incontrato a Taipei la presidente Tsai, di ritorno dalla California, il deputato repubblicano Michael McCaul, direttore della Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti americana, è stato sanzionato da Pechino con il divieto di ingresso in Cina e altre limitazioni. Nel suo viaggio, aveva riferito che gli Stati Uniti stanno facendo il possibile per accelerare la vendita di armi all'isola e fornire assistenza e addestramento militare a Taiwan e aveva definito la visita un segnale del sostegno americano a Taiwan. Ed ecco il motivo della reazione di Pechino: «Ha spesso usato parole e azioni per interferire negli affari interni della Cina e danneggiarne gli interessi e ha guidato una delegazione a visitare la regione cinese di Taiwan», violando il principio dell'unica Cina.

A prendere le parti di Pechino è tornata ieri anche la Russia. Qualche giorno fa il Cremlino aveva difeso il «diritto sovrano» della Cina «di reagire ad azioni provocatorie, anche conducendo manovre militari», e ieri il portavoce Dmitry Peskov ha ribadito la condanna ferma di qualsiasi provocazione, «inaccettabile», da Paesi terzi, che possa innescare la destabilizzazione della situazione intorno a Taiwan.

Il premier polacco Morawiecki avverte convinto: «Se la Russia vince in Ucraina, la Cina attaccherà Taiwan».

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